Mi piace molto la tua elaborazione del vuoto.”

Veronica Raimo, La vita è breve, eccetera

“Mentre sullo schermo scorrono il titolo del film e i nomi degli interpreti, compaiono, dapprima in sovrimpressione poi in nitidi fotogrammi, le più candide e convenzionali immagini che accompagnano l’idea della festività natalizia.
Dapprima una fitta nevicata, accecante, dondola pigramente in cielo. Poi ricade come pioggia, una pioggia, una sorta di fine nebbia invernale per le strade di Parigi.
Ghirlande di vischio e di agrifoglio si seccano in foglie morte, trascinate da rivoli d’acqua.
Un grande ceppo scoppiettante di scintille si trasforma in un calorifero.
Un paesaggio innevato, da sogno, sfuma in una stradina di Montmartre; i canti dei bambini in voci nasali.
Ovunque, insegne luminose. Veglie. Cenoni ecc. I canti diventano intelligibili, si riconoscono parole di questo genere:

Infanzia…
Innocenza…
Alba della vita…
Poi dell’amore…
I giorni più belli…


accompagnare dalla musica graffiante di un organetto strada:
La musica si interrompe, le immagini, malferme, sfumano. Il film inizia.”

Nadia Terranova, La sopravvalutazione

“Tutto questo tormento, pensavo, è molto siciliano. Tutto questo rimuginare, spaccare le parole in quattro, viene senz’altro dall’essere stati greci, e intanto questo rimandare e cincischiare deriva dritto da qualche vento levantino che soffia e solleva veli di sabbia: sotto quei veli, chissà perché, a sparire per prima è la voglia di lavorare. Sarà stato di sicuro il vento, ma alla fine di ogni giorno non avevo mai scritto il racconto.”

“Estrema, radicale: mia madre faceva tutto come se dovesse scegliere di posizionarsi, era una partigiana.”

“EMILY: Credo che la vita sia molto complessa e nessuna persona possa adempiere alle necessità di qualsiasi altra, è semplicemente così.
VINCENT: È proprio la mia filosofia. Non credo che la mia psichiatra lo capisca.”

“Perché la letteratura è materia, come tutto. La letteratura sono parole incise su un foglio. È sforzo fisico. È sudore. Non è spirito. Basta con la sottovalutazione della materia.
Mosé scrisse dieci comandamenti perché si stancò di scalpellare sulla pietra. Stava sudando, era esausto. Avrebbero potuto essere quindici, o venticinque, e se furono dieci fu a causa delle laboriose e pesanti condizioni materiali della scrittura su pietra.”

“La necessità per l’uomo preistorico di procurarsi il cibo e quindi combattere contro le bestie feroci, o la necessità di fronteggiare il nemico, hanno fatto nascere gli incantesimi contro le belve.”

“Io allora gli avevo chiesto se potesse dirmi l’ora, lui aveva risposto «Mezzanotte» e io gli avevo detto che era bello morire a mezzanotte.”

“Arrivati al pronto soccorso dell’ospedale Fatebenefratelli di Milano, dissi all’infermiera: «Mi sembra che muoio» e scoppiai a piangere, terrorizzata dalla mia grammatica.”

“Prova a provare davvero qualcosa e se non riesci procurarti un dramma, vivilo, senza pensare nemmeno per un istante che poi, poi, riceverai una ricompensa, vivi in solitudine, senza distribuire colpe come bomboniere alla prima comunione e solo allora chiediti come ti sentiresti se un gregge di ruspe prese a noleggio — stivali di gomma in offerta — ti sondasse l’anima, senti il fastidio che proveresti se qualcuno con i capelli profumati di balsamo spiegasse al pubblico a casa che sei un pulcino indifeso a cui fare pat pat sul capino, povera bestiola, troppo buona per questo mondo, un pubblico che di te vorrà sapere tutto per non sapere niente, per avere conferma di quel che già è stato deciso, per non guardarti nemmeno di sfuggita in volto.
Ora puoi leggere.”

“L’ idea di fare ricerca d’archivio mi sembra allettante come contare i chicchi di riso che stanno dentro un barattolo, e l’idea di andare a Parigi mi ripugna, sia perché io a Parigi non mi ci vedo per niente, sia perché sarebbe un cambiamento, e io i cambiamenti li evito da sempre. Però al momento è l’unica exit strategy alla prospettiva di adultità che mi è venuta in mente, per cui adesso rischio veramente di dover programmare un soggiorno a Parigi, o comunque di dover trovare un’exit strategy dall’exit strategy, a conferma che non fare niente a volte richiede uno sforzo e una costanza ben superiori rispetto al fare qualcosa.”

“Prendere nota: la mente è più pericolosa di tutto quello che la circonda, i problemi veri sono quelli che lei — artigiana, falegname, burattinaia — si costruisce da sola. Teatro delle ombre. Ogni cosa che viene dall’esterno è risolvibile, la si può scansare, attraversare. Ma se è la mente stessa a diventare ostile, dove te ne vai? Cosa affronti, dove ti sposti? Energie in eccesso: liberarle, condividerle, mandarle al mondo.
Altrimenti ti si ritorcono contro.”

“Occorre spesso coraggio per riconoscerla in condizioni tanto drammatiche e per chiamarla con il suo nome. Ma non basta riconoscerla, bisogna amarla, l’insignificanza, bisogna imparare ad amarla. Qui, in questo parco, davanti a noi, guardi, amico mio, è presente in tutta la sua evidenza, in tutta la sua innocenza, in tutta la sua bellezza.”

Riccardo Casella, Strenta

“Sono solo le undici e un quarto e non è manco il trentuno, ma lo spettacolo è da fine dell’anno: uno dopo l’altro i razzi schizzano in aria fischiando fortissimo, illuminando a giorno il cemento delle travi scoperte con esplosioni rosse e gialle. L’ultimo sale in cielo lasciandosi dietro una scia dorata e scoppia in un boato, senza fare luce.
«’A strenta» mormora Bruno dopo il casino.
«Che?» gli faccio io.
«S’ chiamm’ strenta, ‘a botta final. Nu burdell’ esagerat’, ‘a fest, ‘e ‘lluce. Po’ ‘na bott’, nt’o scur. E po’ nient’».”

[…] “le avevo detto che non era dalla professione, nemmeno dalla testa, ma dalla gola che si riconosceva la fibra della riflessione, dal grado di caparbietà della gola nel momento di inghiottire, un difetto anatomico che si trovava fra i comuni mortali nella stessa esigua proporzione che c’era fra i più ingenui degli intellettuali, poiché proveniva dalla malattia — e solo da lì — la forza amara del pensiero indipendente […]”

“Ma poi d’un tratto mi viene in mente che la grande protagonista della letteratura del Novecento è senza alcun dubbio la mente loquace, ovvero, il più delle volte, la mente che non riesce a decidere, la mente che posticipa l’azione nell’indecisione e, se siamo fortunati, nella poesia.”

«Perché le persone sono scorrette?» chiese Solange.
«Perché sono meschine? E vendicative?».
Heath questa risposta l’aveva. «Per amore».
Solange sorrise. «Per un amore finito male» lo corresse.

“Era una risata così invitante che perfino quando era diretta contro di te, per prenderti in giro, finivi comunque per sorridere. Il genere di risata in cui scoppia qualcuno quando morde una mela. Conteneva il tintinnio di uno xilofono, uno sprazzo di complicità, una carezza dolce che ti istigava a credere di piacerle, nonostante tutti i tuoi difetti. Una risata che ti spingeva a fare il pagliaccio per provocarla, una risata che ti bevevi fino all’ultima goccia, come la pelle si beve il sole.”

“‘Com’è andata la giornata?’ ‘Hai sentito che cosa hanno detto alla radio?’ ‘É successo niente di interessante?’.” Avevamo fatto una lista insieme col nonno, di tutte le domande che le persone si fanno. A volte mi capitava ancora di ripassare la lista prima di andare a letto, pensando di fare una delle domande a mio marito, o a uno dei miei colleghi. Il problema era che alcune di queste — Cosa vuoi per cena? Che libri stai leggendo? Dove vai in vacanza? Ha fatto un tempo magnifico/tremendo, vero? Come ti senti? — erano diventate irrilevanti o pericolose.”

“Tu non ti spaventare… ma sopratutto non ti ci ficcar dentro… Leggi, ma non ti ci ficcar dentro a tutta quella letteratura.”

“E che cosa mai dire della ricerca universale della felicità quando ogni persona assennata sa quanto la felicità sia stata sopravalutata dalla stessa letteratura che descrive in ogni momento gli infelici sensi della vita.”

“In un saggio contenuto nel Romanzo di Franco Moretti, intitolato «L’incontro con la realtà», Alfonso Berardinelli scrive che il romanzo è il racconto della distanza fra ciò che i personaggi ritengono sia la realtà, e la realtà stessa.”

“Ma ci sono cose insondabili, come quel tuo timore atavico, quella paura eterna di non essere compresa, che le tue parole non vengano prese per quello che sono: una radiografia meticolosamente scelta dei tuoi sentimenti.”

Brian ha accettato. Hanno comprato tre materassi gonfiabili da mettere a terra (mica hanno ceduto i loro letti), la formazione da grafici gli ha consentito di improvvisare un sito in un giorno, dominio airbedandbreakfast.com — e finalmente capiamo da dove venga quell’air, dai leggendari materassi ad aria!”

DROMOMANIA

“Come racconta Ian Hacking in I viaggiatori folli (1998), nel 1868, a otto anni, Dada si fece male alla testa cadendo da un albero, e il suo primo episodio da girovago si verificò quattro anni dopo, quando sparì dalla fabbrica di gas dov’era apprendista. Lo ritrovarono in un paese vicino: lavorava come assistente di un commesso viaggiatore di ombrelli, a quanto pare del tutto inconsapevole di come fosse finito lì. Nel corso della vita, sostenne, gli capitò più volte di cadere in quegli stati di fuga, da cui riemergeva frastornato e in luoghi remoti: su una panchina di Parigi, a pulire vasi in Algeria, in un campo della Provenza.”

Edith Stein

“Dato che non abbiamo accesso agli stati mentali degli altri, come possiamo sapere con certezza che gli altri abbiano stati mentali simili ai nostri, o persino che abbiano stati mentali in generale? La risposta tradizionale al problema è che deduciamo l’esistenza di altre menti.”

“Questa storia parla di molte cose, ma soprattutto di gente stupida. Per questo occorre dire subito che è sempre piuttosto semplice dare dello stupido a qualcuno, ma solo se ci si dimentica che quasi sempre è stupidamente difficile essere una persona. Soprattutto se uno ne ha intorno altre per le quali cerca di essere un minimo una brava persona.
Perché al giorno d’oggi chiunque dev’essere in grado di gestire una quantità immane di cose. Bisogna avere un lavoro e un posto dove vivere, una famiglia, pagare le tasse, indossare biancheria pulita e ricordarsi la password del maledettissimo wi-fi. Alcuni di noi non riescono mai ad avere il controllo sul caos e le nostre vite proseguono così, la Terra viaggia a due milioni di chilometri l’ora nello spazio e noi, in preda al panico, tremiamo sulla sua superficie come calzini dimenticati. I nostri cuori sono saponette su cui ci sfugge la presa non appena ci rilassiamo un secondo, volano via, s’innamorano e vengono spezzati, così a caso.
Non abbiamo il controllo. Quindi impariamo a fingere, di continuo, con il lavoro, il matrimonio, i figli e tutto il resto. Fingere di essere normali, di essere acculturati, di comprendere il significato di ‘livello di ammortamento’ e ‘tasso di inflazione’. Di sapere come funziona il sesso. La verità è che sappiamo del sesso tanto quanto ne sappiamo di cavi USB, e con quei piccoli bastardi ci servono ogni volta quattro tentativi. (Verso sbagliato, verso sbagliato, verso sbagliato, adesso è entrato!) Fingiamo di essere dei bravi genitori e l’unica cosa che riusciamo davvero a fare è dare ai figli cibo e vestiti e un rimprovero se mettono in bocca una gomma da masticare trovata per terra. Una volta avevamo dei pesciolini nell’acquario ma sono morti tutti e di bambini non sappiamo un accidente di più che di pesci da acquario, e questa responsabilità ci terrorizza ogni mattina. Non abbiamo programmi, cerchiamo soltanto di sopravvivere alla giornata, perché domattina ne inizierà un’altra.
A volte proviamo dolore, un dolore immenso, per il semplice fatto che la nostra pelle non ci sembra la nostra. Ci prende il panico, perché ci sono le bollette da pagare e dobbiamo essere adulti e non sappiamo come fare, perché è così tremendamente e disperatamente facile fallire nell’essere adulti.
Perché tutti amano qualcuno, e tutti coloro che amano qualcuno hanno passato delle notti tormentate svegli nel letto per cercare di venire a capo di come potersi permettere di continuare a essere una persona. A volte questo ci spinge a fare cose che a posteriori appaiono incomprensibili, ma in quel momento sembravano l’unica via d’uscita.”

“Cambiavo ogni settimana la combinazione libro-rivista sul bidè: lo facevo con la stessa serietà con cui si allestirebbe una mostra di arte contemporanea; gli abbinamenti di cui andavo più fiera erano Infinite Jest di David Foster Wallace + Novella 2000 e Il secondo sesso di Simone de Beauvoir + un vecchio numero di Playmen con Moana Pozzi in copertina.”

“Ecco Charlene Turner. Vent’anni fa entra nella mia classe, le guance rosa come un tulipano, il viso rotondo come una moneta. Bassa e minuta, simile a un coniglietto, più giovane di dieci anni rispetto al resto del gruppo. Anch’io sono giovane. Si tratta di un seminario e siamo seduti a un lungo tavolo ovale e in quanto insegnante io sono a capotavola. Le sua labbra non si chiudono bene sui denti. La montatura degli occhiali è troppo grande e le dà una vaga aria strabica. La frangetta disegna un arco stupefacente sulla parte superiore della testa. Si capisce benissimo che ha riflettuto bene su come vestirsi. Minaccia di scomparire dietro le imbottiture delle spalle. Ha rimboccato le maniche della giacca. È vestita di rosso, verde e giallo. E infatti sembra proprio un semaforo.”

“I pesci Betta, invece, possono trovare stretta anche la vasca più ampia. Hanno sempre troppo poco spazio e si sentono minacciati anche dal loro partner. Vivono l’esistenza dell’altro sempre con quella pressione addosso.”

“‘Hai visto quei due vecchi al bar?’
Il letto torna a cigolare, quando Greta risponde la sua voce è un po’ più chiara.
‘Sì’.
‘Li guardavo e pensavo…’ esita, non riesce a dirlo. Prende un respiro, ci riprova: ‘Perché voi siete vivi?’”

“I coreani, come d’altronde i cinesi, tradizionalmente calcolano l’età delle persone a partire dal concepimento, non dalla nascita. E, per comodità, arrotondano i nove mesi della gestazione a un anno. Quindi, quando un bambino nasce si dice che ha già un anno. […] L’età non cresce in occasione del compleanno ma del capodanno. Il primo gennaio, insomma, diventano tutti più vecchi di un anno. Questo fa sì che l’età coreana risulti sempre uno o due anni più alta di quella occidentale. […] Riguardo a questo, una domanda che mi viene fatta spesso quando parlo di età coreana è se si festeggiano o no i compleanni. La risposta è sì! In quel giorno si celebra la nascita di una persona ma, semplicemente non lo si associa al cambio di età.”

I conoscitori

“Ci sono persone che desiderano sapere, e altre che non lo desiderano.”

“Ma se l’amore è cieco, il sabotatore no. La sua arguzia strategica difatti è dotata di una vista acutissima e si sviluppa in modo direttamente proporzionale a sofisticati meccanismi di negazione: specchi deformanti, verità presunte, paratie e cavilli minuziosi a cui il soggetto si aggrappa con le unghie e con i denti pur di restare trincerato nella roccaforte delle proprie tanto deliranti quanto ingrangibili certezze. ‘Resistenze’ si diceva poc’anzi. Ovvero, vale la pena ribadirlo, il ‘non voler sapere per non prendersi la responsabilità di sapere’.”

“Cervello

Perché a vedermi in certi momenti non si direbbe proprio, ma con quello io ci vivo.”

Gianluca Morozzi

“Non dimenticare che vivi in mezzo agli animali
i cavalli i gatti i topi di fogna
bruni come la donna di Salomone tremendo
campo a bandiere spiegate,
non dimenticare il cane dalla lingua e la coda
d’armonie dell’irreale né il ramarro il merlo
l’usignolo la vipera il fuco. O ti piace pensare
che vivi fra uomini puri e donne
di virtù che non toccano
l’urlo della rana in amore, verde
come il più verde ramo del sangue.
Gli uccelli ti guardano dagli alberi e le foglie
non ignorano che la Mente è morta
per sempre, la sua reliquia sa di cartilagine
bruciata di plastica corrotta; non dimenticare
di essere abile animale e sinuoso
che violenta torrido e vuole tutto qui
sulla terra prima dell’ultimo grido
quando il corpo è cadenza di memorie accartocciate
e lo spirito sollecita alla fine eterna:
ricorda che puoi essere l’essere dell’essere
solo che amore ti colpisca bene alle viscere.”

“Se il colore è una qualità della luce, stavolta non c’entrano le onde elettromagnetiche ma l’inquieto oscillare delle anime. Non c’è amore, per quanto saldo, che possa far finta che non esista un fuori — dice Kubrick — non c’è rapporto, per quanto felice, che non ponga dubbi alla volubile natura umana: non c’è arancione che non desideri un po’ di blu.”

“Spesso si sentiva dire che si manteneva bene. Stando tanto a contatto con i bambini, era rimasta giovane più a lungo del normale. I marmocchi che riempivano le sue giornate di urla, pianti isolati e sorrisi. E anche di metafore. La luna, una fetta di melone. Luna rossa, di anguria. Il fiore, una farfalla. E il cappello del pagliaccio era, a volte, un cono gelato al contrario. Le parole libere di viaggiare da una parte all’altra, e di lì molto più lontano, per poi ritornarle accanto dopo pochi istanti. Ogni cosa era e non era. Lei era una maestra o era una bambina, se faceva miao era il gatto con gli stivali. Niente sembrava prestabilito in maniera statica. Tutto era ancora possibile.”

“La vedo come la Yourcenar quando diceva che si può essere felici senza mai smettere di essere tristi, ma vale anche al contrario per me, ovvero che si può essere tristi senza mai smettere di essere felici, una specie di aforisma dal senso palindromo.”

“Un cataclisma da cui non intendo salvarmi.
Un ragazzo, il mio nuovo culto.
Quando ti innamori ti si centuplicano le forze e insieme rischi il collasso, hai dei giri armonici bellissimi installati nella camera timpanica: bellissimi e poi, a tratti, angoscianti, quando finisci assediato dalla paura di dire la cosa sbagliata, oppure ti convinci di aver colto in un gesto, in un suo movimento inatteso, il segno irrimediabile del ripensamento. Bellissimi e poi, a tratti, abrasivi, contundenti: perché innamorarsi significa in ogni caso spaccare il guscio, lasciare la polpa esposta, offrirla, come la carne di Prometeo. Invertebrati, molluschi che non vedevano l’ora di perdere la conchiglia, e poi tremano perché presagiscono le conseguenze della spoliazione. Si sta sempre in allerta, al centro di attacchi aerei: da ogni domanda fatta all’altro, sul pranzo, il tempo o i lacci delle scarpe, cercare di capire il destino che ci attende. Solo immagini, ovunque spettri: ci si graffia con un sorriso che cala, una frase un po’ vaga, un bacio più corto dei precendenti.”

“Piccola chiosa: nel Medioevo il sonnambulismo veniva preso molto sul serio, tanto che all’inizio del XIV secolo assunse uno status giuridico. Secondo il canone Si furiosus, se un sonnambulo mutilava un uomo o lo uccideva non era responsabile sul piano penale, esattamente come un pazzo furioso o un bambino.”

“Scrivere è un atto erotico.
Quando scriviamo una storia in modo efficace, i lettori godono.”

“Perché spesso si sente ripetere: '‘La vita fa schifo’. È vero: schifo (da ‘schivo’) significava originariamente timore, paura. Dire che la vita fa schifo è un modo per dire che la vita fa paura perché è troppo piena, ricca, spietata, incontrollabile. E preferiamo schivarla — e schifarla — piuttosto che affrontarla e accettarla. Preferiamo rifugiarci nei paradisi delle religioni o della virtualità piuttosto che mettere radici e rami in questo mondo.
Basta poco per cominciare a progettare la fuga: tanti provano a fare qualcosa di buono e, al primo fallimento, lasciano perdere per sempre. ‘La vita è stata chiara’, dicono. ‘Non dovevo farlo, era troppo’, aggiungono. E allora si fanno più piccoli, e stringono anche i cassetti, con tutto quello che di ingombrante c’è dentro. E se la vita avesse voluto dire il contrario? Che quel tentativo non andava bene perché non avevano osato abbastanza, non l’avevano fatta abbastanza grossa. Dovevano pensarla più in grande. ‘Questo è poco. Ritenta, sei molto più fortunato di così’, dice la vita.”

“L’appagamento è la versione in positivo della rassegnazione. Ha le sue attrattive ma non è giusto portare il cappotto, le babbucce con il pelo e i guanti pesanti quando quello che il corpo vuole davvero è starsene nudo.”

“La rottura dei legami richiede energia. È una legge fondamentale della termodinamica.”

“Oggi ero felice. Non tutta la giornata, diciamo da dopo pranzo. Che è già comunque un piccolo record.
Me ne stavo là a sguazzare nella mia pozzetta di felicità come nella piscina scamuffa di un motel americano. Un cocktail annacquato, occhiali a forma di fenicottero rosa, camicia hawaiana.
Mi stavo giusto sistemando sul materassino con fantasia a piccoli ananas, che eccola arrivare. Boom, come una mannaia.
Spariti il cocktail, il materassino, l’acqua della piscina e il motel, mi sono ritrovata dolorante sul divano di casa col telefono in mano e un umido novembre romano fuori dalla finestra.
Arriva sempre la frase, la frasetta, la frasina maledetta che fa scoppiare il palloncino della felicità. Non è importante quale sia, tanto cambia ogni volta, ma il suo sporco lavoro lo fa sempre.”

“Le persone sono quasi tutte impossibili, continuò lui. Quando ci parli sono di una noia mortale. Non hai la più pallida idea di chi siano davvero. Se ti va bene ti rifilano qualche citazione dall’Atlantic, se ti va male dal Post. Non sono sincere — non sanno cosa stanno facendo, hanno solo intercettato qualche segnale qua e là per capire come comportarsi. Ma quando ci scopi — tutti sono interessanti da scopare. Tutti, nessuno escluso.”

1. Cosa dicono le persone

Quello seguente è un report completo e integrale sui discorsi comuni tra la gente comune fin da tempi immemori.

a. Ciao, come stai?
b. Non l’ho fatto.
c. Bene. Ora sai come mi sono sentito io.
d. Le spiace se passo davanti? Ho solo questo.”

“La maggior parte delle persone non sa amare né lasciarsi amare, perché è vigliacca o superba, perché teme il fallimento. Si vergogna a concedersi a un’altra persona, e ancor più ad aprirsi davanti a lei, poiché teme di svelare il proprio segreto… Il triste segreto di ogni essere umano: un gran bisogno di tenerezza, senza la quale non si può resistere.”

“Puoi scrivere tutto, puoi metterlo nel tuo diario dei fatti, ma la verità è che nessuno può capire davvero l’intreccio di esperienze e passioni che ti rende quello che sei. È una collezione privata, un linguaggio segreto, un sassolino nella tasca che gingilli quando sei in ansia, duro come la geometria, liscio come il sapone.”

“Il vecchio amore era finestre rotte con torte di mele che si freddavano sul davanzale. Il vecchio amore era un’isola deserta con la sabbia bianca che si sollevava come fumo quando facevo un cenno all’aereo dei soccorsi. Il vecchio amore era un teatro con la data di creazione scolpita nella pietra sopra l’ingresso.”

“Avrebbe voluto godere per Sofia e godeva per sua moglie e ugualmente pativa per tutti gli orizzonti che non sarebbe mai riuscito a vivere.”

“E quando torno a casa con il mio quaderno intatto, senza aver ripassato una sola pagina degli appunti noiosissimi su cui domani mi interrogheranno, e salgo le scale di corsa perché ho energia da vendere, e da dietro la porta dei nostri vicini arrivano dei mormorii, musica in sottofondo, risa, esclamazioni soffocate, e quando entro in casa, saluto, nessuno mi risponde, avanzo, passo davanti alla camera di mio fratello e lo vedo che sta scaricando dei porno, tutto preso, assorto, concentrato, e sento mio padre che urla contro mia madre, e mia madre che piagnucola, e mio padre che le dice piantala di fare la vittima, e mia madre che risponde che a lui farebbe bene imparare a piangere, allora mi chiudo in camera mia e mi sdraio per continuare a pensare a come mai la vita degli altri sembri sempre così intensa, così reale, mentre a me non succede mai niente.”

“Non c’è niente di cui tu abbia bisogno che non sia acquistabile. In questo modo la tua estrema libertà, che oggi ti pare più vera che mai, è un’illusione. Non è libertà di, ma libertà tra. Non libertà di scegliere, non spazio di discernimento, ma libertà tra un numero pressoché infinito di opzioni.”

“Quando mi sono svegliato la spiaggia era sgombra. Sulle case vacanza lungo il pontile si erano accese le finestre.
Con la mano ho cercato Mike. Non era sul telo. Il costume però era accanto a me, e ho avuto un brivido.
E lì è quando mi ha chiamato dall’acqua. Era in piedi dove di tocca, abbastanza lontano da dover fare qualche bracciata. Ha gridato il mio nome, agitando le mani, con quel sorriso da beota in faccia, e quando ho cominciato ad avvicinarmi mi ha urlato di spogliarmi.
Ho guardato in giro per vedere chi altro ci fosse sul bagnasciuga. Mike mi ha gridato di darci un taglio.
Ha detto che non gliene fregava niente a nessuno.
E pure se gli fregava, non era importante.
E certe volte mi aiuta pensare che sia stato in grade di farlo. Che sia riuscito a mettermi a culo nudo in spiaggia, e a scattare sulla sabbia, perché provavo così tanto per qualcuno. ”

“O dio, se almeno succedesse qualcosa. Il che significa: se almeno gli schemi crollassero.”

“Non c’è alcun motivo reale perché non mi trasferisca a Berlino, ma se mi trasferissi, smetterei di avere un solido rimpianto che mi tiene in vita tutti i giorni.”

“Quando ho iniziato a conoscere mio padre, l’ho fatto come se non fosse una persona reale: da lui ho imparato ad amare il momento in cui un film inizia a colare dallo schermo e ti si rovescia addosso, così quando esci dal cinema hai attraversato una soglia tuo malgrado, e durante la passeggiata silenziosa che ti porta a casa ti accorgi di essere diventata un’altra cosa, che non potrai più barattare la ragazza innamorata e ferita di adesso con quella innocente e ignorante di prima, e di questa moltiplicazione involontaria delle cellule della mia immaginazione, di questa violazione costante di cosa è possibile nonostante il dolore che causerà agli altri, riconosco ancora la bellezza e il peso, anche se quella soglia era la mia vita e non l’uscita di un cinema, e lui l’ha superata infinite volte lo stesso.”

“A me, ci ho messo anni a capirlo, non piace divertirmi, a me piacciono le cose che fanno piangere, come la letteratura russa e le partite del Parma.”

“Ti penso sempre, ieri più di sempre: in bibliò è venuto un sedicenne che mi ha chiesto un consiglio di lettura. Ho deciso per la ‘'Collina dei conigli’ e mentre glielo davo ti vedevo a mille chilometri di distanza con la paura di scegliere tra la vita e l’oscenità senza sapere che sono la stessa cosa. L’osceno è il tumulto che uno ha, e che i liberi vivono. Si chiama esistere, e a volte diventa sentimento. Tieniti stretta la tua meravigliosa indecenza, Grand.”

“È probabile che l’essenza del grido sia l’insoddisfazione. Gridiamo perché non siamo felici, perché siamo affamati, perché vogliamo dormire, perché ci hanno abbandonato o perché non accettiamo la morte. Gridiamo ciò che non abbiamo.”

“Gli invidiavo questa sua capacità di sottrarsi a se stesso.”

“Luna era lunatica. Urlava alla vista delle pesche ma amava il sangue e i Beatles. Mise cinque cucchiaini di zucchero nel caffè e lo mandò giù in un sorso come un torero.”

“Ma forse, alla fine, qualunque cosa accada, saremo sempre rimasti indietro rispetto ai nostri desideri.”

“Il profumo ha una forza di persuasione più convincente delle parole, dell’apparenza, del sentimento e della volontà. Non si può rifiutare la forza di persuasione del profumo, essa penetra in noi come l’aria che respiriamo penetra nei nostri polmoni, ci riempie, ci domina totalmente, non c’è modo di opporvisi.”

“Non accade spesso, ma certe volte, se mescoli bene due infelicità, ne esce una crema di felicità.”

“Ma è sempre così, siamo quello che siamo non per le persone che abbiamo incontrato ma per quelle che abbiamo lasciato.”

“É quello che proiettiamo sul nostro passato, non il passato in sé, a permettere l’illusione ottica che chiamiamo nostalgia.”

“baci come proiettili, baci che sanno di sapone, baci di labbra che fanno pensare a un umido cervello di vitello.

Lasciati andare
Lasciati andare
Lasciati
Veramente andare.”

“Per strada c’è la solita calma irreale dell’ora di cena del 31 dicembre. Il silenzio è totale, la quiete prima della tempesta, un silenzio carico di bilanci, di revisioni, di rimpianti, di attese, di aspettative, di buoni propositi per il nuovo anno che sta per aprirsi, per poi ripetere di nuovo le stesse cose: i rimpianti rinnovati, le attese mancate, le aspettative deluse, i buoni propositi non rispettati e così ci si ritrova, anno dopo anno, sempre allo stesso punto, solo un po’ più in là sul tabellone.”

“All’improvviso riuscii a vedere quello che stavo diventando: una persona che avrebbe guardato alle cose che amava con distacco e dal buco della serratura, rimanendone irrimediabilmente lontano.”

L’amore ti droga. Dicono di non bere dai bicchieri offerti perché potrebbe esserci la droga e invece ci ritroviamo a innamorarci spinti da parenti e amic+ come fosse nulla, quando si è innamoratos praticamente il cervello funziona come se fossimo fatt£ di eroina, e in quel periodo ci ritroviamo anche a prendere decisioni importanti, tutto apposto?

L’amore si muore. Quando sei innamorat non senti più i bisogni primari come quelli di mangiare e dormire, in pratica duri tre giorni e poi muori

L’amore non basta. Se le cose non vanno bene puoi sempre fare figliù”

“Io non volevo scrivere questo libro. Non sapevo esattamente perché non volessi scriverlo, oppure lo sapevo ma non volevo riconoscerlo o non osavo riconoscerlo; o non del tutto. Il fatto è che per più di sette anni mi sono rifiutato di scrivere questo libro. Durante quel periodo ne ho scritti altri due, anche se questo non l’avevo dimenticato; al contrario: a modo mio, mentre scrivevo quei due libri, scrivevo anche questo. O forse era questo libro che a modo suo scriveva me.”

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“Una mossa che lei aveva provato cento volte. Un solo sparo. La rapidità era essenziale, eppure, dopo che lei ebbe estratto la pistola e l’ebbe puntata al cuore di lui, ci fu un istante, una bolla sospesa nel tempo, in cui tutto parve fermarsi.
«Führer», gli disse, spezzando l’incantesimo. «Für Sie.»
Intorno al tavolo, molte altre pistole vennero sfilate di scatto dalle fondine e puntate verso di lei.
Un solo respiro. Un solo sparo.
Ursula premette il grilletto.
Caddero le tenebre.”

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Lunedì 6 dicembre

“Non comprendiamo mai gli amori degli altri.”

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“Le storie d’amore catastrofiche contraddistinte da ossessione sessuale sono un mio interesse professionale ormai da molti anni.”

Sull’editore, Michele Serra

“Scrivere è un lavoro, non uno sfizio, non un passatempo, non l’imitazione degli dei. Quasi niente, della produzione mondiale di parole, di arte, di musica, sarebbe mai esistito se non fosse stata, l’arte, un maledetto lavoro.”

Nuovi problemi
Nuovi strumenti

“Quando si parla di ricerche sulla comunicazione visiva, gli insegnanti d’arte di casa nostra ridono sotto i baffi (alcuni se li fanno crescere apposta, pare). Loro infatti sanno tutto sull’arte, sanno come deve essere e come non deve essere, hanno sempre saputo tutto, con la massima sicurezza, sono così dalla nascita, non c’è niente da fare. E nelle loro lezioni continuano a insegnare l’arte del passato, un passato più o meno remoto, cercando di stare bene attaccati ad una tradizione di comodo, di non aver grane, di perdere il meno tempo possibile.
Che cosa fanno e che cosa pensano gli studenti italiani delle scuole d’arte? Sono costretti a imparare l’affresco, ma appena ne escono fuori (o meglio proprio mentre studiano) si accorgono che la realtà fuori dalla scuola ha un altro aspetto, che c’è qualcosa di vivo che si muove nel mondo dell’arte internazionale, qualcosa che a scuola non viene considerato, e allora buttano via l’affresco e si impegnano in ricerche sull’arte cinetica, sui nuovi mezzi di comunicazione visiva, imparano, insomma, da autodidatti, a vivere nel nostro tempo poiché la nostra scuola è troppo vecchia.”

Follia

“‘Mah, boh. Chi può dire se va bene. È uno strano lavoro, questo. Inventarsi le cose. Descriverle. Descrivere la porta che qualcuno ha appena varcato. È marrone, i cardini cigolano… E chi cazzo se ne frega? È solo una porta.’
“‘Le imprese artistiche richiedono molta pazienza’,” disse Alice infine. Sentiva il gracidare delle rane.
‘Che memoria di ferro, Mealy Potatoes’.”

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“David is girò infilando il viso nella massa dei capelli di Sarah, beandosi del suo aroma, esultando. Per come l’aveva trovata. Anzi riconosciuta, non c’era altra parola per dirlo. Una qualche sostanza chimica aveva plasmato lei per lui, lui per lei; non erano ancora incasinati dalla vita al punto da non rendersene conto.”

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“Diego stasera è uscito, sì ha lavorato fino a mezzanotte poi è uscito, aveva bisogno di donne, di torcibudella e di leggerezza, certe volte Frida è troppo intensa, troppo impegnativa, accanto a lei è impossibile dimenticare che prima o poi si deve morire, che il nostro passaggio qui è una specie di violenza magica, futile, grottesca ed essenziale, è proibito dimenticare che siamo tutti ossa e carne d’inconsolabili incendi, troppa tensione in tutto questo, così Diego è uscito, perché a volte ha bisogno di stare solo, e gli capita sempre più spesso. Eppure una vita senza di lei non sarebbe che una pallida stella. Un viale lungo e scialbo fiancheggiato da lampioni perennemente accesi. E il dolore che prova è lacerante.”

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Soffrire come Mel Gibson

“Ma quando il giorno brutto della settimana alla fine arriva — e arriva per tutti — e con questo intendo quel particolare momento in cui la tua sofferenza, per quanto minuscola nel quadro generale delle cose, si dirige in maniera assoluta ed esclusiva su di te, come se fosse specificamente progettata per distruggere te e soltanto te, a quel punto magari varrà la pena concederti di ammettere la realtà della sofferenza, se non esattamente per te stesso, almeno in preparazione della prossima dolorosa videoconferenza, per evitare di alzare gli occhi al cielo, ridere o vomitare mentre senti raccontare quello che per un’altra persona evidentemente è il dolore.”

“In quel momento, davanti ai miei occhi, non vedevo altro che l’azzurro cristallino e intenso del Mar dei Caraibi, e grandi ali bianche che mi spuntavano da un lato e dall’altro del petto pronte a farmi volare sull’immensa distesa marina.”

“Il lavoro che faceva sul proprio corpo rendeva tutto trasparente. Vedeva e pensava con chiarezza, il che magari significava semplicemente che c’era poco da vedere e non molto da pensare. Ma forse era qualcosa di più profondo, le posizioni che assumeva e manteneva per periodi prolungati, i giri vorticosi su se stessa, le sinuosità serpentine e le inclinazioni aggraziate, le sedute di meditazione e respirazione sistematica, la vita vissuta in modo irriducibile, come mera respirazione. Prima respirare, poi ansimare, poi trattenere il fiato. Si riduceva a un corpo teso, occhi spalancati, arterie gonfie sul collo. Quelle ore di respirazione, così enfatica e assurda che ne usciva soffusa di una specie di luce pura, consapevole del significato di essere viva.”

“La mattina si era seduta da sola alle Tuileries, sulla terrazza del Bord de l’Eau. Lasciava che la sua pena fluttuasse, si dispiegasse, si allentasse più liberamente sino all’ampio orizzonte, cogliesse i fiori, si slanciasse con le malvarose, con gli zampilli e le colonne, galoppasse dietro i dragoni che uscivano dalla caserma d’Orsay, andasse alla deriva sulla Senna e planasse con le rondini nel cielo pallido.”

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“La prima cliente di oggi era una signora che biascicava a tal punto che non sono riuscito a capire se stesse cercando «romanzi laidi» o «romanzi di Heidi». Soltanto dopo che l’avevo indirizzata alla sezione Libri erotici si è capito che le interessavano le storie dell’orfanella svizzera inventata da Johanna Spyri.”

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Non abbracciare

“Qualche anno fa ho trovato un appunto in cui Roman Jakobson, il celebre linguista, citava un aforisma di «un grande poeta russo mai esistito», Koz’ma Prutkov: ‘Nessuno abbraccia l’inabbracciabile’.

E mi sono ricordato di una volta, che, con Gian Pietro Piretto, a Milano, al teatro Parenti, dovevamo parlare delle Memorie di un pazzo, di Gogol’, e Piretto si era definito un appassionato, di Gogol’, e io avevo pensato che aveva ragione, e che dei grandi scrittori come Gogol’, Dostoevskij, Tolstoj, Puškin e Čechov nessuno poteva dirsi un esperto, eravamo tutti degli appassionati, perché si può essere esperti di tante cose, di cinema, di meccanica, di elettronica, di statistica, di raccolta differenziata, di agricoltura, di calcio, di pallacanestro, di sport estremi, di pattinaggio in linea, di tutto, tranne forse che di letteratura perché i grandi scrittori, i grandi libri, sono, forse, come diceva quel grande poeta russo mai esistito, Koz’ma Prutkov, inabbracciabili.”

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C come Confessione

“Lui è sposato. Lei è sposata. Io sono sposato. Fino ad Ashdod parliamo della sceneggiatura malinconica alla quale sta lavorando. Elargisco consigli da insegnante ma senza esagerare, ripeto di continuo che la cosa più importante è verificare se quello che dico gli risuona. Dopo Ashdod comincia a parlare di Tali. Lui parla e io ascolto e annuisco senza aprire bocca. Niente «hai ragione» e niente «anch’io». Elogia il suo talento, ci gira intorno per un bel po’. Fra le altre, vengono pronunciate le parole: surrealista, erotismo, David Lynch. Poco prima di Be’er Sheva, crolla e mi racconta con voce tremante di essere innamorato di lei. Impossibile che tra loro succeda qualcosa. Mai. Lui non potrebbe.”

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“Sono nata da una pecorina, con mia madre carponi su un tappeto in finta pelle di mucca. Non ne sono certa, ma ho buoni motivi per supporlo. Intanto perché, quando mi hanno concepita, i miei genitori si trovavano in una località sciistica. E poi perché non hanno mai nascosto la loro preferenza per questa posizione.”

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“Nonostante la sua crudezza e i suoi errori, era Hobbes e non Locke ad avere ragione sulla questione fondamentale: gli uomini non cercano né la felicità, né la libertà, né la giustizia, ma soprattutto la sicurezza. Anche Aristotele era nel giusto: moltissime persone sono schiave per natura, una volta liberate dalle loro catene non possiedono le risorse morali e intellettuali con cui affrontare la prospettiva della responsabilità e di una scelta troppo ampia tra alternative diverse, e perciò, liberate da un insieme di catene, inevitabilmente ne cercano altre oppure se ne forgiano esse stesse delle nuove.”

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“Ti posso solo dire che tutta la mia vita è fra le tue gambe”.

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“BAMBINI: Fingere una tenerezza lirica nei loro riguardi, quando c’è gente.

CONFORT: Preziosa scoperta moderna.

SELVA: Definirla sempre «oscura» e «impenetrabile».

TEMPO: Eterno argomento di conversazione.
Causa universale delle malattie.
Lagnarsene sempre.

ZANZARA: Più pericolosa di qualsiasi belva.”

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“Tutti quei critici che si danno tanta pena per lo stato della critica. Nessuno che sappia dire di preciso che cosa non va. Ma tutti sanno che va male. Tutti sanno che «aziendale» è una brutta parola. E se qualcuno si diverte o diventa ricco, è disgustoso! Male! Ed è sempre la morte di questo e la morte di quell’altro. E chi crede di essere libero non è «davvero» libero. E chi crede di essere felice non è «davvero felice». E ormai non è più possibile una critica radicale della società, anche se nessuno sa dire con esattezza che cosa ci sia di così radicalmente sbagliato nella società da richiedere una critica radicale.”

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Lo spettatore, Irène Némirovsky

“Il vecchio Fontenelle affermava che nessun dolore, per quanto fosse crudele, resistesse a un’ora di lettura. Nel mio caso, non è né un libro né un’opera d’arte a consolarmi, ma la contemplazione di questo vecchio universo imperfetto.”

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“Mi domando, fra questa miriade di persone, chi si è appena innamorato, chi è appena stato lasciato, chi se n’è andato senza una parola, chi è felice, triste, chi ha paura o procede sicuro, chi aspetta un futuro più radioso. Io attraverso la Senna, cammino con uomini e donne senza nome, che mi fanno tuttavia da specchio. Formiamo un unico cuore, un’unica cellula. Siamo vivi.”

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“Nonostante ciò che potresti supporre, i fatti non sono reversibili. Solo perché sei in grado di entrare non è detto che sarai in grado di uscire. Le vie d’entrata non diventano vie d’uscita e non c’è niente che garantisca che la soglia varcata un attimo prima sia sempre lì quando ti giri a cercarla. Ecco come vanno le cose in città. Ogni volta che credi di conoscere la risposta a una domanda scopri che la domanda non ha senso.”

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“Mi capita di pensare che l’unica nostra specificità individuale risieda in questo: dimmi cosa ti disgusta e ti dirò chi sei. Le nostre personalità non servono a niente, le nostre inclinazioni sono una più banale dell’altra. Solo le nostre repulsioni ci dicono chi siamo veramente.”

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“E molte altre sigarette saranno state accese nelle notti insonni in cui la poetessa [Anna Achmatova] cercava la parola giusta, l’unica, quella che tutto spiegava o sembrava spiegare. In epoca sovietica suggerire era meglio che esprimere: «Solo da noi hanno rispetto per la poesia», osservò il suo amico Mandel’štam «visto che uccidono in suo nome. In nessun altro paese uccidono per motivi poetici.»”

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Una vagina tutta per sé

“Reinventando la sua famiglia, la vagina trans nasce dall’ellissi. Lascia ciò che era per essere. Trova la propria identità in fondo a una bisaccia dove si fondono il viaggio e il destino. Coloro che la screditano perché artificiale dimenticano che non c’è niente di più naturale della volontà umana.”

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“‘Non è strano che io sia stata concepita durante una delle guerre con l’Iraq e mia sorella la notte in cui è esploso lo Space Shuttle?’
‘Pensi che i tuoi facciano sesso solo durante le emergenze nazionali?’ chiede lui.
‘Penso che facciano sesso quando non sanno cosa dirsi. Vuoi venire in camera mia?’”

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“A tutti a questo mondo sarebbe spettato il diritto di passare ogni giorno un paio d’ore su una poltrona tanto comoda, in faccia ad una bottiglia di liquore buono, di quello che non fa male.”

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“Quello che provi è il sublime kantiano. C’è la tua vita, e di colpo ti si apre uno squarcio sulla vastità dell’ignoto che circonda l’isoletta piccina picciò del noto.”

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“‘Ma qualcuno, non so chi, ha detto che non bisogna mai sottovalutare le cose più ovvie.’”

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“Il picco massimo di curiosità, ovvero il territorio in cui si muovono i narratori, è quando pensiamo di avere una qualche idea, ma non ne siamo del tutto sicuri. Le scansioni celebrali rivelano che la curiosità si attiva tramite una sorta di scatto nel sistema delle ricompense: desideriamo fortemente conoscere la risposta, o quello che dovrà accadere nella storia, proprio come potremmo provare un desiderio spasmodico di droga, di sesso o di cioccolato. Questo stato piacevolmente spiacevole, che ci rende preda di una smania irresistibile di fronte all’allettante promessa di una risposta, è potentissimo.”

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“Studio la gente nelle sue più ordinarie occupazioni, se mi riesca di scoprire negli altri quello che manca a me per ogni cosa ch’io faccia: la certezza che capiscano ciò che fanno.
In prima, sì mi sembra che molti l’abbiano, dal modo come tra loro si guardano e si salutano, correndo di qua, di là, dietro alle loro faccende o ai loro capricci. Ma poi, se mi fermo a guardarli un po’ addentro negli occhi con questi miei occhi intenti e silenziosi, ecco che subito s’aombrano. Taluni anzi si smarriscono in una perplessità così inquieta, che se per poco io seguitassi a scrutarli, m’ingiurierebbero o m’aggredirebbero.
No, via, tranquilli. Mi basta questo: sapere, signori, che non è chiaro né certo neanche a voi neppur quel poco che vi viene a mano a mano determinato dalle consuetissime condizioni in cui vivete. C’è un oltre in tutto. Voi non volete o non sapete vederlo. Ma appena appena quest’oltre baleni negli occhi d’un ozioso come me, che si metta a osservarvi, ecco, vi smarrite, vi turbate o irritate.”

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“Egli scese, rifuggendo dal guardarla a lungo, come si fa col sole, ma la vedeva, come il sole, anche senza guardarla.”

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“Durante le prime due serate, la questione di chi si sente male e chi no, di chi ora non più ma fino a poco fa sì di chi non ancora ma si sente sul punto di, eccetera, diventa l’argomento di conversazione al caro vecchio tavolo numero 64 del Ristorante Caravelle a cinque stelle. La sofferenza comune e la paura di soffrire funzionano a perfezione per rompere il ghiaccio, e rompere il ghiaccio è importante visto che sulla 7NC mangiate al tavolo che vi è stato assegnato con gli stessi compagni per tutte e sette le serate.”

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“Secondo me abbiamo più possibilità di controllo sul racconto che stiamo scrivendo che sulla nostra vita.”

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“E in un’intervista che avevo fatto, quando non ero ancora in crisi, nel 2011, prima del convegno sul nulla, io avevo detto che, secondo me, in questo convegno, di preciso non lo sapevo, il convegno ancora non c’era stato, come facevo a saperlo, di preciso non lo sapevo, di cosa si sarebbe parlato, ma secondo me nel convegno si poteva parlare, non so, per esempio, di quando non si sa cosa dire, o di quando non si sa cosa fare, o di quando non si vede niente, o di quando non si capisce niente, o di quando non si sente niente, o di quando non si riesce a dormire, o di quando non si vuole mangiare: delle astensioni di tutti i tipi.
Delle scene mute, delle fotografie sbagliate, delle macchine che restano senza benzina, delle interviste fatte senza far partire il registratore, dei sans papier, dei sanculotti, dei frigo vuoti, dei film muti, dei buchi neri, della menopausa e di tutte le pause, degli intervalli, delle scritte Fine, delle notti in bianco, di quando si cerca in tutte le tasche e non c’è neanche una sigaretta, dei digiuni, degli anestetici, degli astemi, degli anoressici, degli scioperi, delle pianure, delle steppe, dei deserti, della siccità, della crisi energetica, dei black out, del crollo del Pil, dell’ignoranza, degli annulli filatelici, delle amnesie, della crescita zero, delle tinte unite, della calvizie, della sterilità, del celibato e del nubilato, dell’inappetenza e dell’incontinenza, del buio, del silenzio, del niente, del nulla, di quelle cose lì, e così, dopo, è stato, più o meno, per quello che mi ricordavo ma non mi ricordavo tantissimo che quando uno è in crisi anche la memoria non è che funzioni benissimo, bisogna poi dire.”

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“E così proseguirono tutti insieme, ciascuno a suo modo, la vita di ogni giorno, pensandoci e non pensandoci; tutto sembra andare per il solito verso, esattamente come anche nei casi più gravi, quando tutto è in gioco, si continua a vivere come se nulla fosse.”

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“Power: «Il problema è il seguente: la letteratura va intesa come fatti reali o come arte?»
Joyce: «La letteratura dovrebbe essere la vita, e una delle cose che da giovane non riuscivo ad accettare era proprio la differenza che riscontravo tra la letteratura e la vita».”

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“Mi dissi che in fin dei conti ciascuno di noi è un campo di battaglia permanente.”

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Je ne parle pas français

“No, no davvero; io non ci credo, all’animo umano. Non ci ho mai creduto. Secondo me le persone sono come valigie — riempite con questo e quello, spedite, buttate di qua e di là, scaraventate in aria, sbattute per terra, perdute e ritrovate, a un tratto vuotate a metà, o stipate da scoppiare, fino a che l’Ultimo Facchino le lancia sull’Ultimo Treno, e filano via sferragliando…
Eppure, queste valigie possono avere un grande fascino. Oh, grandissimo. Mi ci vedo di fronte, sapete, come un doganiere.”

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“Ci sono metafore più reali della gente che cammina per strada. Ci sono immagini nei recessi dei libri che vivono più concretamente di molti uomini e di molte donne. Ci sono frasi letterarie che hanno un’individualità assolutamente umana.”

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Luna di miele

“‘Voglio dire questo. Spesso le persone, anche quando si amano, sembra che non… non… è difficile spiegare… non si conoscano bene. E sembra che non vogliano nemmeno conoscersi. E io penso che questo sia orribile. Non si capiscono nemmeno a proposito delle cose più importanti’.”

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“A me mi dicevano, delle volte, non come critica, come dato di fatto, che io, dentro i libri, dentro quei due libri che avevo scritto io e che avevo poi pubblicato, parlavo della vita quotidiana, mi dicevano, che io quando sentivo dire così, non che non fossi d’accordo, però, non so come dire, non ero d’accordo.
E gli dicevo: «Guardi, io conosco solo la vita quotidiana; cioè io me l’immagino, che la vita settimanale, la vita mensile, la vita bimestrale, siano un’altra cosa, ma sono quelle dimensioni che io, sa, probabilmente per via della vita che faccio, appunto, non riesco ad accederci»”.

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“Poi, sono andato altrove, dimenticandomi che ero sceso con l’intenzione di andare a vedere il mare, ma non l’ho fatto più perché ci ho ancora un comodino vuoto nella mia testa.
E il mare non è una distrazione adeguata. Ti fa precipitare nel pensiero, che invece devo fuggire con accanimento sistematico. Devo solo distrarmi. La distrazione. La massima invenzione dell’essere umano per continuare a tirare avanti. Per fingere di essere quello che non siamo. Adatti al mondo.”

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“Prima di partire chiedo al giovanotto alla pompa di benzina di farci una foto.
- Lo sapeva che il battito del cuore di una balena si può sentire fino a cinque chilometri di distanza? — mi dice nel rendermi con delicatezza la macchina fotografica.
No, non lo sapevo.
— Allora non saprà neanche che il battito del cuore di una balena può disturbare le trasmissioni radio dei sottomarini e magari evitare una guerra.”

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Clof, clop, cloffete, cloppete

“Pensò che se chiamava il dottore, con il quale aveva ormai fin troppa confidenza, gli avrebbe detto che era malato di letteratura, osservazione già fatta in passato.”

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“Al pari delle macchine e degli uomini-macchina, il vagabondo è un prodotto del mondo borghese: un prodotto aberrante, in quanto ne costituisce l’immagine rovesciata. La comicità di Chaplin, secondo Lefebvre, non è nel suo corpo, ma nel rapporto che si stabilisce tra questo e gli oggetti nei quali si reificano i rapporti di potere della società borghese. Interessato allo studio degli automatismi che nella vita quotidiana riproducono e perpetuano menzogne e convenzioni del potere, Lefebvre vede nei gesti lirici e anarchici del tramp uno strumento per rompere le barriere dell’abitudine e permettere l’affermazione dell’inventiva e della fantasia individuali e, quindi, per condurre una critica alla convenzionalità e all’insensatezza della vita quotidiana.”

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“‘Quando voglio sapere quanto savia, o quanto sciocca, quanto dabbene, o quanto maligna sia una certa persona, o quali siano i suoi sentimenti in un certo momento, adatto, per quel che posso, l’espressione della mia faccia all’espressione della sua, e poi aspetto di vedere quali pensieri o sentimenti mi sorgano nella mente o nel cuore, tali da convenire o accordarsi a quell’espressione’.”

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“Che il cielo mi scampi dalla mediocrità piacevole e dalla vita facile, liscia! Datemi grandi vizi fiammeggianti, grandi abbaglianti virtù, ma salvatemi dalle neutre piccolezze e dalle comode ambiguità! Sii malvagia, sii eroica, sii sfrenata, sii ebbra, sii dissoluta, sii dispotica, sii un’anarchica, sii una suffragetta, sii quello che ti pare, ma per amore del cielo siilo in maniera estrema. Vivi pienamente, vivi appassionatamente, vivi disastrosamente. Viviamo, tu e io, io e te, come nessuno è mai vissuto prima. [25 ottobre 1918]”

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“I bambini, i loro sogni infiniti. L’affascinante, incontenibile spazio che sono le loro giornate. La loro magnifica qualità di «credere» di essere i primi e gli ultimi protagonisti del creato e di essere immortali. Peccato che a un certo punto si sia costretti a dividergli, o meglio ridurgli — prima atroce oppressione — il tempo in ore, settimane, mesi, anni, orologi, storia e carta d’identità. Peccato! Oh, Goliarda, dimentichiamo anche noi per qualche ora la nostra «adultità» e fingiamoci bambine. L’orologio mi dice che è mezzanotte ma io ho fame. Si vede che la confessione mette appetito. E ho voglia di spaghetti. Vieni, andiamo a cucinarli, dopo ce ne andremo a correre per la Costiera e ad ascoltare il silenzio senza tempo che emana da queste montagne scaraventate da chissà quale dio del caos, infuriato da tutto quel che è ordine.”

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“E mi era venuto in mente che essere un uomo del mio tempo significava, tra le altre cose, avere per tutta la vita dentro la testa una voce che diceva «Noooo, non esiste sporco impossibile».”

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“No, pensò, non sono né tranquillo né cool, e non seguo il mio ritmo. È soltanto una questione di equilibrio. Sono semplicemente abituato a distribuire il peso che mi porto addosso. Può darsi che agli altri questo sembri indifferenza. Ma non è un’impresa semplice. Richiede più sforzo di quanto l’apparenza lasci credere. Inoltre, anche se si riesce a raggiungere l’equilibrio, non significa che la massa complessiva che pesa sul fulcro diventi più leggera.”

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Io e lui

“Ma crescendo mi abituai a farmi piacere quello che mi spaventava.”

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“Scrivere no, ma almeno rifletterci sopra.
Ridurre la trama di Uh? era impresa titanica: dieci sottotrame avvinghiate tra loro, uno dei protagonisti (l’alchimista olandese Eric Gerets) cambiava identità ogni volta che raggiungeva l’orgasmo, poi c’era una storia di spionaggio che prendeva le mosse dall’arrembaggio a una nave di quaccheri appena salpata per il Nuovo Mondo, interferiva coi piani di alcuni funamboli per rubare un forziere dalla residenza del borgomastro di Scheißestadt e culminava in una rissa fra nani luterani e cattolici per le strade di Tübingen. Come asciugare la vicenda senza impoverirla né banalizzarla?”

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La rettorica

“Non c’è cosa fatta, non c’è via preparata, non c’è modo o lavoro finito pel quale tu possa giungere alla vita, non ci sono parole che ti possano dare la vita: perché la vita è proprio nel crear tutto da sé, nel non adattarsi a nessuna via: la lingua non c’è ma devi crearla, devi crear il modo, devi crear ogni cosa: per aver tua la tua vita.”

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Le cicogne madri

“Il cicognino precoce aveva appena due settimane, quando chiese come nascevano i cicognini.
«Oh, santo cielo» rispose la madre. «Ehm, caspita, che domandona.» Si considerava una cicogna mediamente moderna, ma a tutto c’era un limite, no? «Ne riparliamo più avanti» disse, cacciandogli un’aringa in gola un po’ più energicamente del solito.”

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“Gli abitanti di Valdrada sanno che tutti i loro atti sono insieme quell’atto e la sua immagine speculare, cui appartiene la speciale dignità delle immagini, e questa loro coscienza vieta di abbandonarsi per un solo istante al caso e all’oblio. Anche quando gli amanti dànno volta ai corpi nudi pelle contro pelle cercando come mettersi per prendere l’uno dall’altro più piacere, anche quando gli assassini spingono il coltello nelle vene nere del collo e più sangue grumoso trabocca più affondano la lama che scivola tra i tendini, non è tanto il loro accoppiarsi o trucidarsi che importa quanto l’accoppiarsi o trucidarsi delle loro immagini limpide e fredde nello specchio.”

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Un posto pulito, illuminato bene

“Di che cosa aveva paura? Non era né paura né timore. Era un niente che conosceva troppo bene. Era tutto un niente, e anche un uomo era niente. Era soltanto questo, e tutto quello che ci voleva era la luce, e un certo ordine e una certa pulizia. Alcuni ci vivevano e non lo avvertivano mai, ma lui sapeva che era tutto nada y pues nada y nada y pues nada. Nada nostro che sei nel nada, nada sia il nome tuo il regno tuo nada sia la tua volontà nada in nada come in nada. Dacci questo nada il nostro nada quotidiano e nadaci il nostro nada come noi nadiamo i nostri nada e non nadarci in nada ma liberaci dal nada; pues nada. Ave niente pieno di niente, niente sia con te. Sorrise e si fermò davanti al banco di un bar con una lucente macchina da caffè a vapore.
— Cosa prende? — chiese il barista.
Nada.
Oltre loco mas, — disse il barista, e gli voltò le spalle.
— Una tazzina, — disse il cameriere.
Il barista glielo versò.

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“Non avevo mai conosciuto una persona che stesse sulla difensiva anche più di me, quindi per lui provavo una compassione speciale. La sua amarezza era come tè nero. Non mi allontanava da lui. Anzi, volevo versarvi dentro cucchiaiate di zucchero e tanto latte, e poi berlo.”

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“Penso che le persone congenitamente portate per questo tipo di lavoro siano per certi versi dei sapienti, per altri versi quasi dei ritardati. Andate a un convegno di scrittori, una volta o l’altra, e ve ne renderete conto. Si va lì per incontrare autori che sulla carta sono semplicemente straordinari, e di persona sono del tutto disadattati. Non hanno idea di cosa dire o cosa fare. Tutto quello che dicono viene controllato, e in fondo minato, da una specie di editor che hanno dentro.”

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Creatività e rifiuto

“Nella mia esperienza di artista, lottare contro la nostalgia è un lavoro a tempo pieno. E lo era soprattutto quando vivevo in Italia, un paese che mi sembra caparbiamente studiato per incutere soggezione davanti alle conquiste culturali del passato, e far dubitare di potervi mai aggiungere qualcosa. Non è facile dipingere nella città di Michelangelo, comporre musica nella terra di Verdi o scrivere frasi all’ombra di Dante. Se è mai esistito un paese schiacciato dalla propria eredità creativa, quel paese è l’Italia.[…]
C’è qualcosa di volutamente soporifero in tutto questo, come se una generazione più vecchia si rifiutasse di farsi da parte per permettere il fiorire di qualcosa di nuovo. Io credo che un giovane Creativo debba imparare a essere un po’ spietato con il passato, cosa che può risultare difficile in una cultura che pensa solo alla propria tradizione. Uno dei motivi per cui i giovani Creativi di tutto il mondo affluiscono a New York è sicuramente l’insofferenza di quella città nei confronti della nostalgia. È un posto che sembra cambiare da una settimana all’altra; vecchi edifici vengono continuamente abbattuti e sostituiti dai nuovi. È brutale, non c’è dubbio, ma è questo che la rende una città della parte dei giovani. Una città che guarda sempre avanti, senza alcun sentimentalismo verso ciò che è stato.”

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“Ciò che determina se una persona sceglie di donare gli organi è il modo in cui viene scritto il formulario. Nei paesi in cui il modulo dice «Se vuole donare organi, firmi qui» nessuno lo fa. Invece, nei paesi in cui il modulo dice: «Se NON vuole donare gli organi, firmi qui», quasi tutti donano. La spiegazione di entrambi i fenomeni viene da una caratteristica più o meno universale e che non ha nulla a che vedere con la religione o la vita e la morte, bensì con il fatto che nessuno completa il modulo. Quando ci viene offerto uno scenario di opzioni, non tutte iniziano a correre dallo stesso punto; quelle che abbiamo di default partono con un vantaggio.”

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“In conclusione, ciò che posso dire è soltanto questo: forse la vita è così. Forse è una cosa che dobbiamo semplicemente accettare, a prescindere da ragioni e circostanze. Come le tasse, come i flussi delle maree, come la morte di John Lennon, come un errore dell’arbitro durante i campionati del mondo.”

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“‘Che cosa strana da aspettarsi dal proprio futuro: l’infanzia. Essere di nuovo un bambino, indifeso, dipendente dagli altri. Ogni giorno cerco di essere più adulta. Combatto ogni giorno contro tutto ciò, proprio come le donne di una volta lottavano per non invecchiare, per non diventare signore di mezza età, grasse, piene di rughe.”

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“Lavinia pensò a quanto fosse curioso il fenomeno dell’ascensore. Il silenzio che vi si concentrava. In un ascensore le persone sembravano pesci silenziosi, che avevano paura del contatto. Nuotatori che fuggivano verso porte aperte. Destini diversi. Piani. Quando uscivano dal piccolo recinto, respiravano dilatando i polmoni, come chi viene a galla a prendere una boccata d’aria dopo essere stato in immersione. Ascensori, acquari. Oggetti della stessa specie.”

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“Ma perché non scrivi un romanzo che ci conduca nei labirinti di vite distorte dalle gabbie sociali e ci guidi negli anfratti di vite dove la luce della felicità è quasi sempre un inganno un abbaglio fatale come quello delle luci accese dai naufraghi che finiscono per attirare le navi contro gli scogli? mi ha chiesto una voce una di quelle che stanno sulla mia testa Eh? Perché non lo scrivi? mi ha chiesto.”

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Spazio fumatori, 11 marzo

Nel nostro albergo c’è un opuscolo che comprende una sezione sulle misure di sicurezza, bizzarramente intitolata Ottime nozioni di prevenzione dei danni da disastri e favori da chiedervi. Seguono tre paragrafi, ciascuno preceduto da un’intestazione in grassetto: ‘Quando entrate nella vostra stanza’, ‘Quando trovate un incendio’, e poi la mia preferita: ‘Quando siete inghiottiti dalle fiamme’.”

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“Un tempo sarebbe stato capace di uccidere per lei. L’amava ancora, certo, e lei amava lui, ma ormai non si sentiva più così ossessivo. No, adesso non avrebbe ucciso per lei e, anzi, trovava difficile capire come aveva fatto a provare quell’emozione così forte all’inizio. Secondo lui, ora, non valeva la pena di ammazzare qualcuno per lei — né per chiunque altro, del resto.”

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La voce della tortora

“Ma c’era, appunto, un argomento che non mancava mai di destare il suo interesse, e lo coltivava con infaticabile energia; nessun ostacolo le impediva di tornarci sopra. Bastava un accenno alla lontana e lei ne approfittava per riportarlo al centro del discorso, con un’abilità della quale nessuno l’avrebbe creduta capace. Sapeva trattarlo con arguzia, vivacità, inventiva, con un approccio filosofico o tragico, mettendo in mostra tutte le risorse del suo ingegno. Le sue ramificazioni erano infinite, e non c’era limite alle varianti. L’argomento era lei stessa.”

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“Rimuginai a lungo su tutta quella vicenda, ci fantasticai, a scuola, per strada, a pranzo, a cena, di notte. Cercavo significati per aggirare quell’impressione di scarsa intelligenza in persone che ne avevano tanta.”

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“Il cibo troppo condito le dava il voltastomaco. Soffriva di insonnia, ma bastava farla bere un po’ e si addormentava come un angioletto — non che ci fosse da rallegrarsene troppo, perché col sonno arrivavano gli incubi, da cui si svegliava madida di sudore. Diffidava degli estranei, e ancor più degli amici. Era allergica ai frutti di mare, alle uova, al pelo di animale, alla polvere, e a chiunque non fosse pazzo di lei.”

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“ — Si cerca di fare del proprio meglio, — dice. Essendo esseri umani.”

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“La sua pelle. Il modo in cui il suo corpo esisteva solo dove lui la toccava. Il resto di lei era fumo.”

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“‘Non esiste la scrittura perfetta, così come non esiste una perfetta disperazione’.”

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“Il tramonto di ieri era un Vincent Van Gogh, con un certo grado di angoscia.”

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“ — Doc, non ti ho mai visto così agitato.
— Perché di solito abbiamo le luci spente.”

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“Dal francese anxiété al sanscrito amhús, dallo spagnolo ansia al russo úzkij fino al tedesco Angst, non c’è stato essere umano al mondo, dall’invenzione del linguaggio a oggi, che non si sia sentito, almeno una volta, asfissiato da una vita troppo «stretta» — perfino i fiumi possono essere ansiosi quando non scorrono liberi verso la foce, ma sono «compressi» in una geologica curva, un’ansa. È così che nascono le cascate: come bisogno — rivolta irruente — di libertà dopo troppa pressione.”

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“Fu come certe scene di guerra che ancora ricordo. C’era molto vino, una tensione ignorata, e la sensazione che stessero per avvenire cose che non potevi impedire.”

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“Tornando per un attimo al fatto che ho studiato ragioneria, apro un’altra parentesi, delle volte mi vien da pensare, quei pensieri che ti vengono così all’improvviso, che non sapresti neanche dire se li condividi oppure no, che il fatto che mi son laureato in letteratura russa, era per cancellare il fatto che mi ero diplomato in ragioneria.”

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Yesterday

“Nessuno può sapere cosa sogneremo domani.”

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Tre sorelle

“Tuzenbach: […] “Gli uccelli migratori come le gru, ad esempio, volano e volano. E qualsiasi pensiero frulli nelle loro teste, nobile o ignobile che sia, loro continueranno imperterriti a volare, senza sapere dove e perché. Volano e voleranno sempre, per quanto si infervorino i filosofi. Che pontifichino pure tutti quanti; loro, intanto, volano e volano…
Maša: Ma che senso ha tutto questo?
Tuzenbach: Il senso… Guardate, sta nevicando. Che senso ha?”

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“ — Cioè, voi pensate di poter vivere più assennatamente di tutti gli altri?” — disse Aglaja.
— Sì, qualche volta mi è venuta anche questa idea.
— E vi viene ancora?
— E… mi viene ancora, rispose il principe, guardando Aglaja, come prima, con un dolce e anzi timido sorriso, ma subito dopo scoppiò di nuovo a ridere e la guardò allegramente.”

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“Ecco un paradosso di questo tempo: mentre la realtà diventa sempre più complessa, noi diventiamo sempre più refrattari alla complessità.”

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“‘Non ho più novant’anni,’ commentò.”

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“Vado indietro nel tempo, guardo un ruscello d’acqua limpida. Sono un contadino in una piantagione, sono il capitano di una nave. Sono la donna con il lungo abito bianco, i capelli ricci raccolti sulla testa; sento il calore dell’estate, l’umidità del Sud, l’aria densa e immobile del pomeriggio, l’avvicinarsi del temporale. Faccio comparire capitani di mare e bevo bicchieri di vino rosso sangue. Di questo sono fatti le poesie e i sogni deliranti. Vengo da una piantagione e a qualche livello preconscio l’ho sempre saputo. Immagino le vite di servitori e schiavi, alcuni dei quali avevano lo stesso nome della gente che sto cercando. Quando sono stati liberati e dove sono andati?”

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“Sono i desideri su vasta scala a fare la storia.”

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“Ha sempre saputo che sarebbe diventato scrittore?

No. Ma a un certo punto, durante l’adolescenza, mi sono reso conto che le mie fantasie masturbatorie erano molto più dettagliate di quelle dei miei amici intimi. Le loro andavano dritto al sodo, come un’istantanea. Nelle mie c’erano ostacoli, conflitti, figure a tutto tondo. Dovevo credere alle mie fantasie, per eccitarmi. Perciò approfondivo i minimi dettagli. Mi ricordo una notte, quattro amici per la pelle a dormire in sacchi a pelo nel seminterrato della casa di Hagai Carmeli a Ramot, e ciascuno raccontava la sua fantasia. Io ero l’ultimo, e quando ho finito di parlare si erano addormentati tutti, tranne Ari, che prima di chiudere definitivamente la zip del sacco a pelo ha commentato con voce assonnata: fratello, secondo me farai lo scrittore. Ma devi imparare a stringere.”

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“Come si spiega che la domenica è così differente da tutti gli altri giorni? Perché mai l’aria, il cielo, le nuvole, son differenti? Perché la rugiada mette tanto più tempo ad asciugarsi sull’erba azzurrina, e come fanno gli uccelli a sapere che è domenica? Si può capire in città, dove tutte le botteghe sono chiuse, e i tram non camminano fino all’ora di andare in chiesa; ma in campagna, quella quiete, quello splendore, quel senso di agevole gioia… Da dove viene?”

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“Un libro brutto non fa nulla, non cambia nulla, non educa i sentimenti, non riaccende nessun circuito interno: ne chiudiamo la copertina con la stessa, metafisica fiducia nell’universalità della nostra interfaccia che avevamo quando l’abbiamo aperto. Ma un grande libro… un grande libro ti costringe ad assoggettarti alla sua visione. Passi la mattinata a leggere Čechov, e quando vai a passeggio per il tuo quartiere nel pomeriggio, il mondo è diventato cechoviano, la cameriera del bar fa considerazioni senza capo né coda, e un cane balla per strada.”

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“Quando la cameriera ebbe finito di stendere i futon nella stanza più grande, si coricarono subito. — Parla tutta la notte, non smettere mai, — sussurrò Utako. — Ma non di cose che mi fanno male.”

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“Era come se mi avesse fatto uno squarcio nel respiro.”


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I LOVE NY, Truman Capote

“Probabilmente potrei lavorare molto di più se lasciassi New York. Ma forse neppure questo è vero. Fino a una certa età, la natura, la campagna sembra noiosa; e, in ogni modo, io amo la natura non in generale, ma in particolare. Tuttavia, se non si è innamorati, o soddisfatti, o spinti dall’ambizione, o senza curiosità, o riconciliati con se stessi (il che sembra essere il sinonimo moderno di felicità), la città è come una macchina gigantesca inventata per consumare il tempo, divorare le illusioni. Dopo un poco, la ricerca, l’esplorazione possono diventare una fretta angosciosa, un’ansia madida di sudore, una specie di corsa con ostacoli di benzedrina e nembutal. Dov’è quello che stai cercando? E poi, che cosa stai cercando? È un peccato rifiutare un invito; si rifiutano sempre gli inviti ma solo per comparire di sorpresa; dopo tutto è difficile tenersi appartato quando misteriosi sussurri insistono nel dire che, stando per conto tuo, hai lasciato volar via l’amore dalla finestra, ti sei rifiutato di corrispondervi, hai perso per sempre ciò che cercavi: tutto questo ti aspetta a soli dieci isolati di distanza, pensa! Presto, mettiti il cappello, al diavolo l’autobus, salta su un taxi, ecco, presto, suona il campanello della porta: salve, sciocco, pesce d’aprile.”

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“‘Non c’è forse qualcosa di essenzialmente comico nell’amore?’ scriveva Baudelaire a Mme Sabatier, ancora protetto dall’anonimato: esempio di una di quelle frasi irresistibili, che sgorgano ovunque capiti — in una lettera o in un sonetto — e spesso sono frasi che nessuno prima era riuscito a dire, per un qualche ostacolo mentale o fisiologico, per un qualche timore di ledere le convenienze e i generi. Eppure frasi di cui non si può fare a meno, corrispondenti a qualcosa di inevitabile, a un’esperienza in agguato per tutti, che altrimenti rimarrebbe muta.”

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“Mi sono interessato ai cosiddetti «fenomeni», sul piano scientifico e anche personale, e se c’è una cosa che ho imparato di loro è che coniugano una passione tenace a una marcata tendenza a non restare al proprio posto. Poiché l’arte di rimanere al proprio posto è alla base dell’istruzione scolastica, è normale che la scuola scoraggi i fenomeni, o che selezioni tra loro solo quelli che ne sopportano il giogo. Quindi, a chiunque voglia eccellere, do sempre questo consiglio: intellettualmente ed economicamente, non restate mai al vostro posto. La dimostrazione della validità di questo consiglio è la constatazione di quanto sia alto il rischio, per le nazioni la cui cultura tende a tenere la gente al proprio posto, di ingabbiare le proprie eccellenze.”

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“‘Voi direste che il tempo è peggiorato?’ domandò Dazed in tono dolce.
‘No’ rispose Dave di Amsterdam. ‘Però direi che la nostra capacità di affrontare il brutto tempo è peggiorata in modo quasi catastrofico.’”

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“In principio, dunque, era la noia, volgarmente chiamata caos. Iddio, annoiandosi della noia, creò la terra, il cielo, l’acqua, gli animali, le piante, Adamo ed Eva; i quali ultimi, annoiandosi a loro volta in paradiso, mangiarono il frutto proibito. Iddio si annoiò di loro e li cacciò dall’Eden; Caino, annoiato d’Abele, lo uccise; Noè, annoiandosi veramente un po’ troppo, inventò il vino; Iddio di nuovo annoiato degli uomini, distrusse il mondo con il diluvio; ma questo, a sua volta, l’annoiò a tal punto che Iddio fece tornare il bel tempo. E così via. I grandi imperi egiziani, babilonesi, persiani, greci e romani sorgevano dalla noia e crollavano nella noia; la noia del paganesimo suscitava il cristianesimo; la noia del cattolicesimo, il protestantesimo; la noia dell’Europa faceva scoprire l’America; la noia del feudalesimo provocava la rivoluzione francese; e quella del capitalismo, la rivoluzione russa.”

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Ambiguofobia

“Emozione inventata dallo scrittore americano David Foster Wallace per descrivere il disagio che si prova nel concedere spazio all’opinione altrui.”

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Ammettilo, su.

Saverino Cesari

Con molta cura

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“La lana è un inatteso fil rouge delle storie di Robin Hood, così come lo era nella vita di chi quelle storie le ha scritte, raccontate e ascoltate per primo. I prezzi vertiginosi di alcuni tipi di stoffa, corroborati dalle leggi suntuarie, facevano sì che la classe sociale, lo status e persino la personalità di un individuo potesse essere indovinata grazie a un’occhiata rapida ai suoi vestiti e ai colori indossati. I ricchi e pomposi ecclesiastici, per esempio, si mostravano in abiti scarlatti, una stoffa molto amata dalle aristocrazie. Un uomo di Chiesa più umile ed empatico, invece, poteva preferire il ruvido russet, la stoffa per eccellenza di contadini e pastori.”

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“Il piacere di bere il vino più squisito non può paragonarsi in intensità al piacere di uomo che, assetato sino alla disperazione, ottiene il suo primo sorso d’acqua.”

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In vista del lago

“ — Ci deve essere una spiegazione logica per la faccenda del medico. Le capita mai di pensare che una volta c’erano più spiegazioni logiche per le cose?”

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“Per esempio, negli ultimi vent’anni ho sentito molti discorsi contro la precarietà e a favore del posto fisso, e ogni volta che li sentivo mi veniva in mente di quando, avevo trentatré anni, ero così disperato che avevo avuto il coraggio di immaginare di provare a fare, nella mia vita, un lavoro che mi piaceva, cioè scriver dei libri, e mi ero dato due anni di tempo per vedere se sarei riuscito a scrivere un romanzo e a venderlo, e intanto che provavo a farlo avevo aperto una partita Iva mi ero messo a fare il traduttore, e avevo una fidanzata che aveva dieci anni in meno di me e lei, invece, aveva il posto fisso e ogni tanto tanto ricevevo delle lettere o delle telefonate da delle ditte, la Ferrari, la Barilla o la ditta Cif di Modena, che mi convocavano per dei colloqui per un lavoro che non avevo mai chiesto o che mi avvisavano che purtroppo, non c’era posto nel loro organico per una figura professionale come la mia ma che ad ogni buon conto avrebbero inserito nei loro database i dati del mio curriculum, e tutte le volte che mi succedeva una cosa del genere io gli rispondevo gli dicevo che li ringraziavo ma io non gli avevo chiesto niente che c’era della gente che mandava in giro le mie cose in spregio assoluto della privacy che avrei potuto anche denunciarle e gli chiedevo, ad ogni buon conto, di cancellare il mio nome dal loro database, e dopo telefonavo alla mia fidanzata e le dicevo «Ascolta, sei te che hai mandato una richiesta di lavoro alla ditta Cif di Modena e l’hai firmata per me?», «Eh» mi diceva lei, «ti lamentavi che eri senza soldi, ho fatto male?» «Sì» le dicevo io, «hai fatto male», e lei mi diceva «Perché?», e io le chiedevo se sapeva da dove veniva la parola dipendente e lei mi diceva che non lo sapeva e io le dicevo che veniva dal latino dependere e le chiedevo se sapeva cosa significa in latino dependere e lei mi diceva di no e io le dicevo che significava pendere in giù e le chiedevo se voleva vedermi pendere in giù dagli uffici della ditta Cif di Modena […]”.

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“Oggi l’obbligo alla felicità (in vigore, secondo alcuni autori, già da una decina d’anni) sembra aver trovato nei social media un nuovo mezzo per diffondersi, soprattutto fra i cosiddetti nativi digitali, ai quali viene chiesto, in maniera incessante e oppressiva, di creare, curare e trasmettere online un’immagine autentica di sé stessi, a patto che sia positiva. Chi non vuole o non ci riesce, e mostra segni di negatività, sconfitta, fallimento o addirittura di un orientamento politico, viene stigmatizzato e rischia di vedere intaccata la sua autostima e le sue capacità relazionali. Le interviste condotte da Freitas nel suo studio dimostrano che, tra i giovani, la preoccupazione di apparire felici è «talmente estrema da raggiungere livelli quasi patologici».”

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“L’essenza della cerimonia del tè è sintetizzata nelle parole ichi-go ichi-e del suo grande riformatore del XVI secolo, Sen no Rikyū: ‘Può accadere che una volta nella tua vita incontri uno sconosciuto e che tu riesca a scorgere in quel momento quella che è tutta la tua verità’. La cerimonia è semplice e al tempo stesso densa di spiritualità. In essa possiamo mettere tutto e niente. La bevanda del tè, con le sue proprietà mistiche e terapeutiche, diviene il centro della venerazione: il tempo si ferma, lo spazio scompare.”

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“È stato interessante notare quanto cambiava il mio umore persino quando non stava succedendo niente.”

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“E quanto sono felice di riuscire a trovare nella mia anima tanta forza di sopportazione, di non desiderare i beni terreni e di aver bisogno soltanto di libri, della possibilità di scrivere e di poter trascorrere in solitudine almeno qualche ora al giorno!”

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“Bisogna infatti sapere che i due erano forestieri, giunti a Monaco la sera prima per affari; e poiché l’indole, l’educazione, le circostanze della vita li avevano via via fatti schiavi di quella particolare forma di follia che consiste nel cercare una spiegazione razionale per ogni fenomeno, essi ora, mosche in amarissimo miele, si dibattevano debolmente, ingenuamente, per attribuire a una causa semplice e naturale gli sconcertanti effetti da cui si sentivano colpiti.”

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“E noi? Noi rappresentiamo la vita così com’è, punto e basta… Più in là non ci farete andare, nemmeno con la frusta. Non abbiamo scopi né immediati né lontani, e nella nostra anima c’è il vuoto assoluto.”

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“Il grande risultato della tecnoscienza contemporanea sta nel trasformare la nostra depressione in Prozac, la nostra mascolinità in testosterone, la nostra erezione in Viagra, la nostra fertilità/sterilità in pillola, la nostra Aids in triterapia. Senza che sia possibile sapere cosa viene prima, se la depressione o il Prozac, se il Viagra o l’erezione, se il testosterone o la mascolinità, se la pillola o la maternità, se la triterapia o l’Aids. Questa produzione in auto-feedback è la peculiarità del potere farmacopornografico.”

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“In ultima analisi, affermare che la privacy non ci interessa perché non abbiamo nulla da nascondere è un po’ come affermare che la libertà di parola non ci interessa perché non abbiamo nulla da dire. Che la libertà di stampa non ci interessa perché non ci piace leggere. Che la libertà di professione religiosa non ci interessa perché non crediamo in Dio. O, ancora, che la libertà di riunione non ci interessa perché siamo individui pigri, asociali, agorafobici.”

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“Lo spettacolo non è un insieme di immagini, ma un rapporto sociale fra individui, mediato dalle immagini.”

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“La distribuzione della fotografia a colori della Monroe nuda per tutto il Nordamerica fu un fenomeno di massa senza precedenti. Hefner aveva inventato la pornografia moderna: non perché aveva usato la fotografia di un nudo umano — cosa ricorrente nelle pubblicazioni illegali delle riviste Nudies dell’epoca — ma per aver impiegato il design e il colore e per aver trasformato l’immagine di un pieghevole che faceva della rivista uno strumento portatile di ‘appoggio strategico’ — per usare l’espressione dell’esercito americano — per la masturbazione maschile.[…]
Qui la nozione di pornografia non pretende di dare un giudizio morale o estetico ma semplicemente di identificare nuove pratiche di consumo dell’immagine, suscitate da nuove tecniche di produzione e distribuzione e, con l’occasione, di codificare un insieme di relazioni inedite fra immagine, piacere, pubblicità, privatezza e produzione di soggettività. Quello che in Playboy era pornografico non era l’uso di certe fotografie considerate oscene dalle istanze governative di censura e sorveglianza del decoro, ma il modo in cui faceva irrompere nella sfera pubblica quello che fino ad allora era stato considerato privato. La cosa pornograficamente moderna era l’aver fatto di Marilyn un’informazione visuale meccanicamente riproducibile, capace di suscitare affetti corporali.”

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Zombie lussuriosi: Quando sesso e sonnambulismo si incontrano.

“Il fenomeno della sessonia (fare sesso mentre si dorme) è tornato sulle prime pagine dei giornali a causa di un’ondata di casi, che hanno il merito di aver stimolato la nascita e lo sviluppo di nuovi filoni di ricerca accademica su soggetti altrimenti poco noti. […] In effetti, molti esperti ritengono la sessonia una semplice variante del sonnambulismo, che colpisce dall’1 al 2 per cento degli adulti; al momento è così che questo disordine del sonno viene classificato nel principale manuale diagnostico, The International Classification of Sleep Disorders, Revised. […]
Uno degli aspetti più straordinari della sessonia è il fatto che i comportamenti inappropriati di chi dorme sono spesso rivolti a persone che da svegli costoro non trovano particolarmente eccitanti.”

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“L’educazione e l’istruzione hanno un effetto protettivo sul cervello, ma non solo: le persone più istruite sono meno inclini ad abusare di sostanze, a commettere crimini e a contrarre malattie, inoltre hanno migliori qualità di vita e relazioni sociali. Il cervello è una macchina che chiede di essere spesso messa in moto e, perché no, spinta al limite. È un meccanismo che si autoalimenta: più l’organismo viene utilizzato, più si alza l’asticella di ciò che si può fare. Acquisire nuove conoscenze e competenze modifica il cervello in modo permanente: imparare una nuova lingua o a suonare uno strumento aumenta le ramificazioni dei dendriti, genera nuovi neuroni e migliora le capacità cognitive in generale. Apprendere prevede uno sforzo che richiama ossigeno al cervello, elemento che lo nutre. Siamo golosi e avidi di sapere e scoprire cose nuove. Non solo, vivere in un ambiente ricco di stimoli rende il cervello più resistente alle aggressioni di sostanze tossiche come le neurotossine, e questo accadrebbe già nel periodo di vita prenatale.”

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“Ma è meglio non interpretare i sogni: l’interpretazione è la loro morte. La massima razionalità consiste proprio nella consapevolezza della loro funzione di silenzioso fermento.”

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“La vita è un appuntamento, lo so di dire una banalità, Monsieur, solo che noi non sappiamo mai il quando, il chi, il come, il dove. E allora uno pensa: se avessi detto questo invece di quello, o quello invece di questo, se mi fossi alzato tardi invece che presto, o presto invece che tardi, oggi sarei impercettibilmente differente. O sarebbe lo stesso, e io non potrei saperlo.”

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“‘Lava la scodella,’ gli ha detto stamattina il tizio del treno, quello del baciamano. ‘Quando ti senti in stallo, quando non sai cosa fare… vai avanti e basta, fai la cosa successiva. Se a colazione hai mangiato cereali, lava la scodella.’”

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“Scegli: testa o croce, disse.
Testa o croce?
Sì.
Per cosa?
Scegli e basta.
Bè, devo sapere cosa c’è in ballo.
Perché, cambierebbe qualcosa?
L’uomo guardò Chigurh negli occhi per la prima volta. Azzurri come lapislazzuli. Scintillanti e al tempo stesso completamente opachi. Come pietre bagnate. Devi scegliere tu, disse Chigurh. Non posso scegliere io. Non sarebbe onesto. Non sarebbe neanche giusto. Scegli, avanti.
Ma io non mi sono giocato niente.
Sì invece. Te la stai giocando da quando sei nato. Solo che non lo sapevi.”

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“Nelle case di estranei, Claire riusciva a sognare. Tutto era esattamente come voleva lei. Riusciva a vedersi come una persona diversa in una vita diversa. Le provava, come se potesse caricarsi sul serio le fondamenta sulle spalle, mettersi le pareti intorno al collo, abbottonarsele, e volteggiare davanti allo specchio. Rivestiva le ossa di case, strati di stanze come strati di vestiti. Le stanze da bagno erano la biancheria, funzionale, semplice; le camere da letto erano jeans e maglietta, abiti da svago. Soggiorni e sale da pranzo, come camicie di seta e gonne eleganti, dovevano vestire bene, essere coordinate, ed esprimere coerenza. La cucina era come le scarpe, essenziale. ‘Troppo grande’ o ‘troppo piccola’ ‘non fa per me’, concludeva sempre Claire, e poi andava via. Pochi chilometri e c’era un’altra città, ogni città aveva i suoi agenti immobiliari, gli agenti avevano le foto e le chiavi di tutte le case.”

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“Abbiamo bisogno di sapere cose che gli altri non sanno. È quello che nessuno sa di te che ti permette di conoscerti.”

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