Pesca a spinning al dentice

Pesca a spinning al dentice: vita, morte e miracoli!

Salve a tutti anglers! In questo articolo sulla pesca a spinning al dentice vi parlerò di stagioni, esperienze, comportamenti e di tutte le tecniche che metto in atto nella ricerca del re delle scogliere.

Il dentice, vero re delle scogliere e preda ambita e ricercata da molti.

Si tratta di una specie insidiabile tutto l’anno, ovviamente a patto di conoscere a fondo le sue abitudini, nonche gli spot che si decide di battere più frequentemente.

Qui vorrei approfondire alcuni concetti generali sul suo comportamento e sulle strategie di pesca inshore.

Come sappiamo appartiene alla famiglia degli sparidi ed è uno dei membri che raggiunge le dimensioni maggiori.

è più facile incontrarlo sotto costa con temperature del l’acqua più alte, ma essendo un pesce alquanto singolare esistono svariati fattori che influenzano la sua condotta.

Specie demersale, ovvero che passa la maggior parte della sua vita a ridosso del fondale (salvo eccezioni), si può trovare per gran parte dell’anno in prossimità di formazioni rocciose con sostanziali sbalzi batimetrici, per cui la sua ricerca, soprattutto in condizioni di mare calmo, deve avvenire con esche che lavorano su fondali importanti, come ad esempio pesanti siliconici o metal jig.

La sua pesca richiede quindi perseveranza e costanza, molto più delle altre, nonché di variare spesso tipi di recupero, colorazioni, presentazioni e tipologie di artificiali.


Occorre anzitutto tener presente che non sempre il fatto di non ottenere mangiate indica che il pesce è assente: succede molto più spesso di quanto si possa pensare, infatti, che il dentice non è in caccia o che le nostre imitazioni non lo convincono.

Va quindi stimolato maggiormente il suo istinto predatorio o di territorialità, che in questa specie è molto marcato.

Ogni branco, infatti, ha zone di territorio e di caccia ben distinte e Circoscritte.

Personalmente, comincio con due approcci.

Nelle prime ore di pesca utilizzo metal jig, che consentono un approccio veloce e più dinamico, variando di continuo tipologia di recupero.

Di base, comunque, quando il jig tocca il fondo lo faccio saltellare con due o tre colpi di canna, per consentire al pesce di avvicinarsi incuriosito, per poi partire in accelerazione per qualche metro per farlo ‘arrabbiare’ e stimolarlo all’attacco, ripetendo questa sequenza con diverse velocità in diversi strati d’acqua.

È un tipo di shore diverso, che non mi consente l’utilizzo di apposite canne da shore jigging, che risulterebbero solo d’intralcio nelle accelerazioni.

Se dopo un discreto lasso di tempo non ottengo risultati, passo all’approccio a gomma, che consente una presentazione più naturale e armoniosa.

Anche in questo caso i recuperi che utilizzo sono principalmente due.

Il primo è più aggressivo: dopo che l’esca tocca il fondo, con la convinzione che il pesce l’ha vista e seguita durante la calata, parto con una repentina accelerazione di pochi metri, per poi rallentare e con la canna sotto braccio faccio sbandare in maniera lenta ma molto nervosa l’artificiale su tutta la colonna d’acqua.

L’esca spesso, anzi spessissimo, viene attaccata in calata, per cui è necessario controllare sempre attentamente la regolarità dello scorrere del filo sulla superficie.


Il secondo approccio è molto più lento, con un recupero regolare, con piccolissimi colpi di canna, seguiti da brevi calate lente e in trattenuta.

Questo metodo mi consente anche di entrare in contatto con gli ostacoli del fondo e gli scalini, facendomi fare una mappatura mentale del fondale, che aiuta in maniera considerevole l’azione di pesca.

Vi ricordo inoltre che per mettere in pratica questa tecnica di recupero ci vuole concentrazione e molta pazienza, quindi un perfetto approccio mentale.


Personalmente, quando non è giornata e non entro in quello stato, che definirei quasi di trip, torno subito a utilizzare recuperi più attivi, altrimenti sarebbero solo tempo e lanci sprecati.

È necessario infatti per la pesca a questo predatore un livello di convinzione personale molto alto.


Nelle condizioni di mare piatto, nella stagione calda, sui cambi di luce, i dentici risalgono da batimetriche importanti per venire a cercare le loro prede a ridosso delle scogliere.

Al contrario di quanto si possa pensare, il 90% dell’alimentazione principale dello sparide è costituita da pesci di piccola taglia ma non sono certo disdegnati pesci di taglie più importanti e cefalopodi.

Quando incontrano palle di foraggio come boghe, acciughe e tutte le altre specie di piccoli pesci di branco, i dentici attuano vere e proprie strategie di caccia.

Come sappiamo, si tratta di pesci di branco e ogni branco ha il suo vasto areale che pattuglia regolarmente e difende.

I branchi possono essere formati da individui della stessa taglia o di taglia differente, che comunicano tra loro con le specifiche posizioni assunte o attraverso cambi di colorazione della livrea, grazie ai cromatofori, che tante specie marine, pesci compresi, hanno e che apportano cambiamenti cromatici, anche per la mimetizzazione o lo stato d’animo dell’individuo.

Chi pesca assiduamente il dentice avrà riscontrato che talvolta dopo la prima cattura i vari esemplari sembrano scomparire, mentre in altri casi, non molto tempo dopo la prima cattura, si effettua una seconda e addirittura una terza.

Nella prima situazione il branco che incrociate sta cacciando a schiera, ovvero tutti insieme, accerchiando la palla di foraggio e attaccando in simultanea; qui dopo l’incannata del primo pesce gli altri componenti dell’orda, che sono situati a poca distanza, vedranno il povero compagno in difficoltà e cesseranno la caccia, spostandosi in altre zone del proprio areale.

Spinning al dentice

La seconda strategia che mettono in atto è quella a “ondate”: il branco si divide a sua volta in altri piccoli gruppi che si spostano nel vasto perimetro più o meno regolare, attaccando con una sequenza intervallata; è qui che si avranno strike multipli a distanza di poco tempo, visto e considerato che la cattura di un membro del primo gruppo difficilmente verrà vista dai componenti del successivo.


Il problema dei pescatori più ambiziosi, che cercano il dentice di taglia, è quello di pescare in una zona pattugliata da individui di pezzature differenti.

I piccoli stanno sempre in prima linea, aiutati da una maggiore reattività e da un minor consumo energetico, al contrario dei grandi che assumono un comportamento più passivo e osservano dalle retrovie senza entrare in azione, ammesso che abbiano la totale sicurezza di un boccone certo.

Questo perché in natura niente è dato al caso: considerate che un dentice di 6-7 kg ha una muscolatura e una massa molto maggiore rispetto a un esemplare di 2-3 kg e un attacco assai più esplosivo, ma suo malgrado un dispendio energetico maggiore.

Basta pensare ai tempi di recupero fisico di un ragazzo di 15 anni e a quello di un uomo di 50…

Come già detto, il dentice si nutre principalmente di piccoli pesci, ma è un vero e proprio opportunista, che sfrutta ogni occasione a suo vantaggio.

Nei periodi estivi o autunnali, in zone con presenza massiccia di barracuda, per esempio, sfrutterà l’abbondanza di questi cibandosene.

Il branco osserva a distanza la palla di barracuda, che nelle ore diurne staziona, assopito ma vigile, in fondali più elevati, risultando quindi più dispendiosa e difficoltosa la caccia.

Ai cambi di luce, tuttavia, i barracuda accostano a riva, talvolta vicinissimi alla scogliera, in cerca di ogni sorta di preda.

I dentici che li seguono si appostano in prossimità del primo scalino ed entrano in azione, attaccando con velocità e ferocia disarmante, approfittando della momentanea distrazione provocata dalla frenesia alimentare, ottenendo un pasto sostanzioso con un solo attacco.

Personalmente mi sono ritrovato ad assistere diverse volte a questo meraviglioso spettacolo, avendo attacchi multipli su jerk e minnow, che in queste situazioni la fanno da padrone, ritrovandomi a fine pescata con il mio fedele Buginu 140 sfregiato dalla potente dentatura dello sparide.

La bellezza di queste immagini vi rimarrà indelebile nella mente per tutta la vita, con attacchi sul jerk a vista di pesci di 4-5 kg di peso a un palmo da riva, in poco più di un metro d’acqua.


Un periodo nel quale molti cessano la propria ricerca è quello estivo.

Con un bel mare mosso e una forte schiuma, tuttavia, anche sotto il sole cocente di agosto la battuta di pesca può rivelarsi con buona probabilità una delle più belle pescate che abbiate mai fatto.

Con questo mare bagnanti e imbarcazioni staranno alla larga dall’acqua, non creando dunque elemento di disturbo per il dentice.

Di questi periodi avremo sottocosta una miriade di foraggio, complici le favorevoli temperature dell’acqua.

Una mareggiata d’estate è cosa rara ma sicuramente imperdible.


L’affollamento dovuto a un bel mare calmo, invece, farà allontare in acque più profonde e tranquille i pesci, che risulteranno irraggiungibili per noi pescatori land based.

Nelle stagioni invernali, con acque più fredde (metà dicembre, gennaio, febbraio) i grossi esemplari si staccano dai branchi sopportando meglio le temperature più basse, al contrario dei giovani esemplari, che stazioneranno (ripeto con eccezioni) nelle profondità nel comfort del termoclino, con temperature dell’elemento liquido leggermente più calde e stabili, lontani dagli sbalzi termici.

Solitari dunque o in coppia, i dentici assumono un comportamento singolare, nutrendosi quasi esclusivamente di polpi, che comportano una diminuzione sostanziale di attacchi fulminei e inseguimenti e di conseguenza un minor dispendio di energie.

Spinning al dentice

Essendoci sotto costa un minor numero di dentici, i cappotti aumenteranno considerevolmente, ma con tenacia e costanza ci si può imbattere con più facilità nell’esemplare da record.

Consiglio l’utilizzo di esche voluminose e recuperi più a stretto contatto con il fondo: ottimi i Leppa jig da 55 g con vistosi skirt a imitare un cefalopode o grosse gomme.

Si utilizzeranno di conseguenza attrezzature più potenti, per contrastare l’eventuale combattimento con pesci importanti.

Questa situazione può essere smentita da specifiche situazioni, in cui correnti di acqua calda vengono spinte in particolari circostanze dalle acque più profonde fino alle zone costiere, portando con sé i nutrienti fino a riva e mettendo in moto tutta la catena alimentare.

Situazioni chiave, come ho già detto, come tutti ben sanno, sono le situazioni di scaduta o mare mosso.

In queste circostanze in linea di massima non ci sono stagioni migliori e la probabilità di incontro con la nostra preda è sempre ottima.


Nelle zone che frequento con più assiduità, quelle del Tirreno centrale, secondo le mie esperienze le stagioni autunnali o tardo-autunnali sono comunque sempre le più proficue, grazie alla massiccia presenza, più che in altri mesi, di numerosi branchi di boghe.

Le scadute che prediligo sono senza dubbio quelle di scirocco, libeccio e maestrale, nelle quali ho avuto il maggior numero di attacchi, al contrario di quelle di tramontana che non sempre, ma spesso, sono risultate improduttive.


Il moto ondoso, oltre a smuovere tutti i microorganismi e dare vita alla catena alimentare, disorienta e penalizza non poco i piccoli pesci, che non riescono a contrastare la forza del mare, cadendo vittima degli opportunisti dentici.

L’azione di pesca anche in questo caso avverrà in prossimità della nuda roccia, dove il mare ‘imbianca’ e rende meno visibile il predatore.


Importante è la ricerca delle lingue di reflusso, punti dove la particolare conformazione della scogliera convoglia l’onda e la corrente, spingendola con forza verso il largo.

C’è dunque da sbizzarrirsi con la scelta delle esche, da selezionare a seconda della profondità dello spot e della conformazione del fondale.

Preferisco pescare in spot con acqua medio-bassa, che mi consente l’utilizzo di jerk, perché sono ottime esche di ricerca e perché la botta in canna sul recupero orizzontale è veramente da cardiopalma.

In questi punti di corrente concentrata si deve recuperare quando l’onda e la corrente avanzano verso di noi e rimanere pressoché immobili quando il forte reflusso inverte direzione verso l’esterno, consentendo all’esca di rimanere ferma ma al contempo di scodinzolare energicamente, come un povero pesce che, inerme nella corrente in uscita, non riesce ad avanzare verso la parete.

Ed è proprio in questo momento di stallo che il dentice attaccherà la nostra esca.


In queste condizioni sono molti i predatori che approfitteranno di bocconi facili e di conseguenza è possibile l’incontro con una grande varietà di prede.

L’attacco del dentice, però, è inconfondibile: dopo una violenta botta in canna si avvertono
potenti testate che precedono una breve ma esplosiva fuga verso il fondo.

Credo che sia inutile ricordare che servono mulinelli affidabili e trecce e terminali adeguati.

Utilizzo un PE 2,5 con finale 0,62, o in condizioni di mare molto mosso e presenza massiccia di ostacoli PE 4 e finale 0, 75, per contrastare i pesci più massicci e le accidentate coste maremmane.

Raccomando di avere un occhio di riguardo per i crestoni di roccia, che forniscono una copertura al dentice agli occhi attenti delle prede, e per la direzione della corrente, perché i dentici si mettono all’agguato sempre con il muso rivolto verso di essa.

Altri punti molto importanti sono quelli caratterizzati da grossi massi sommersi, dove però occorre mantenere sempre la massima attenzione a far prendere meno filo possibile dopo l’incannata, pena la rottura della treccia su di essi.


Ricordo con nostalgia e amarezza una delle prime uscite dedicate a questo magnifico predatore, quando la mia inesperienza mi portò alla perdita di due magnifici esemplari.

Stavo pescando in un’importante scaduta di scirocco, su un pennello esposto, e lanciavo trasversalmente alla parete, che degradava repentinamente a una profondità di circa 7-8 m, con alla base quattro grandi massi sommersi.

Il branco di dentici aveva spinto a ridosso di questi grossi massi una palla di foraggio e se ne stava cibando.

La mia frizione non era tarata in maniera adeguata e dopo pochi secondi dalla prima incannata il pesce strappò.

Dopo varie imprecazioni, rilegai il finale, rimisi l’esca, rilanciai e strinsi non poco la frizione del Saltiga 4000.

Subito un’altra incannata, che si concluse nel medesimo modo.

Sconfitto e amareggiato, rimontai tutto per la seconda volta, ma decisi di fermarmi una decina di minuti, così da abbassare l’adrenalina che avevo in circolo e riorganizzare le idee.

Strinsi la frizione fino al limite del carico di rottura e ripartii: dopo il terzo lancio arrivò la terza incannata, cominciai a pompare come un forsennato, riuscendo a contrastare la prima potente fuga del predone e allontanandolo da quelle maledette pietre.

Finalmente, dopo un breve ma intenso combattimento, tremante ma felicissimo, avevo in mano la bestia, un pesce in livrea da caccia di oltre 5 kg di peso.


Ho riportato una parte delle mie esperienze e conoscenze di questo magnifico predatore, ovviamente a grandi linee perché le dinamiche e le varianti comportamentali sono assai più vaste e richiedono studi molto più approfonditi, cambiando di zona in zona e di mare in mare, come ad esempio nel caso del le lunghe migrazioni che i dentici compiono nel versante adriatico per inseguire i grossi banchi di sarde, assumendo un comportamento simile a quello dei pesci pelagici, che a me e a molti altri pescatori rimangono ancora quasi sconosciuti.

Spero di essere stato abbastanza chiaro e di aver dato qualche indicazione utile ai molti spinner che si vogliono avvicinare a questa pesca impegnativa e per niente scontata.

Non ho volutamente parlato del comportamento del pesce e delle dinamiche di pesca nel periodo primaverile, che coincide con la riproduzione del dentice (montone), perché le leggi vigenti in
Italia sulla sua pesca e sulle sue taglie minime non lo tutelano a sufficienza: cerco il più possibile di cessare la sua ricerca in questi particolari periodi e tutti dovremmo lasciare che questo pesce dia vita alle generazioni future indisturbato.

Un saluto,

Giacomo.

Articolo precedente: Spinning in mare: azione topwater

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