“PESCI, PESCATORI, PESCIVENDOLI E CONSUMATORI” DI GIORGIO CORATI – Speciale “Appuntamento con la stagionalità in tavola” (11)

di GIORGIO CORATI ♦

Speciale “Appuntamento con la stagionalità in tavola” (11)

Agosto, che pesci cucinare? La stagionalità in tavola – Lo “scarto” che fine fa? È possibile cambiare atteggiamento di fronte a una specie che non si conosce?

Bentornati nello speciale “Appuntamento con la stagionalità in tavola” ricorrente all’interno della mia rubrica.

In questo appuntamento d’inizio mese, si parla di lanzardo o sgombro occhione, pagello fragolino o fragolino, pesce prete o lucerna, tordo verde.

Da alcuni mesi questa rubrica tratta di specie ittiche di “pesce bianco” e di “pesce azzurro” che, cosiddette “minori” e anche considerate “di scarto”, sono appellate comunemente come “pesce povero” o “dimenticato”. Ciò accade perché, generalmente, alcune specie ittiche sono poco frequenti sul mercato, quasi sconosciute al consumatore oppure scarsamente valutate come valide sostitute di quelle specie considerate maggiormente “commerciali” dall’attività di pesca. Eppure vale la pena di gustarle.

Rispetto al loro utilizzo, poi, ci si può chiedere cosa fare dello “scarto”? È da gettar via?

Una risposta può essere che lo “scarto” o quella parte del pesce ritenuta non utilizzabile non può essere considerato un rifiuto in assoluto. Le lische ed anche le code e le teste, per chi non le mangia, sono utili, ad esempio, per preparare il fumetto, cioè un brodo di pesce preparato con la “tecnica della riduzione”. Il fumetto è indispensabile per la preparazione dell’antica zuppa di pesce civitavecchiese, utile per la preparazione del risotto alla pescatora, per insaporire le carni dei pesci, nonché altre preparazioni gastronomiche. Inoltre, tale scarto o residui, così come la pelle del pesce, sono utili anche nella moderna bioeconomia, laddove la ricerca ne estrae molecole bioattive al fine di un loro riuso per la produzione innovativa ed ecocompatibile di bioprodotti (materiale e prodotti) o prodotti biobasati.

Questo tema, tuttavia, ora qui non interessa, ma sarà ripreso in seguito.

Un’altra domanda, è quella che pone un altro quesito interessante: è possibile cambiare atteggiamento oppure nutrire curiosità o interesse di fronte a una specie ittica che non “ispira alcun sentimento” o meglio che non si conosce?

Sebbene la consuetudine nel comportamento di acquisto possa condurre a rigettare qualsiasi possibilità di cambiamento rispetto ad abitudini, modi e modalità di consumo, tuttavia vi sono consumatori che ribaltano in curiosità la propria eventuale diffidenza. Una specie mai vista prima può, dunque, essere motivo di sfida verso un atteggiamento o un comportamento di chiusura a priori.

Ebbene. Al rientro a casa dopo l’acquisto, se il pescivendolo non ha provveduto alla pulizia del pesce, allora per proprio conto è importante pulire subito e bene il pesce, eliminando le visceri, lavandolo e tamponando l’eccesso di acqua con un canovaccio. Se si intende rimandarne il consumo e quindi la cottura, allora una buona pratica consiste nel conservare il pesce in frigorifero a una temperatura di almeno 4°C (ndr.). In tal caso, ad esempio, lo si può riporre su un piccolo piatto capovolto, a sua volta posto al centro di un piatto più grande. In tale modo, le carni del pesce non si troveranno mai a contatto diretto con l’acqua che il pesce stesso tende a rilasciare.

Alcune specie, in genere di media/grande taglia, si conservano meglio se preventivamente sfilettate o tagliate a tranci.

È comunque consigliabile informarsi sempre su cosa propone un professionista esperto in gastronomia.

Dunque, oggi si parla di lanzardo o sgombro occhione, pagello fragolino o fragolino, pesce prete o lucerna, tordo verde.

Si tratta di specie ittiche nostrane, interessanti in gastronomia e versatili per la realizzazione di piatti della tradizione ma anche “innovativi”, specie che durante il mese di agosto sono definibili “pescato di stagione” ovvero non sono nella loro fase di riproduzione naturale (ndr.).

Questo appuntamento ospita anche la ricciola di fondale.

Buona conoscenza e buon appetito a chi vorrà leggere.

Lanzardo o Sgombro occhione Scomber colias

Il Lanzardo o Sgombro occhione (Scomber colias) è detto cavalla, sgombro o lacèrto in dialetto civitavecchiese.

È una specie selvatica molto simile allo Sgombro Scomber scombrus, dalle carni prelibate. Sui fianchi presenta numerose macchie scure e le scaglie tendono a sfumare in un colore giallognolo. La sua taglia è piccola/media (fino a 50 cm circa), mentre la sua taglia minima di cattura e vendita è di 18 cm. È generalmente commercializzata fresca. Potrebbe essere scambiata con lo Sgombro Scomber scombrus.

Le principali tecniche di cattura di questa specie sono la rete da traino pelagica, la rete da imbrocco, il cianciolo, il tramaglio e la rete a strascico.

Le principali tecniche di cottura sono l’arrostitura, la cottura al forno o in tegame, la grigliatura, la cottura ai ferri, la cottura al salto, la cottura in umido, la marinatura (anche se questa è più una tecnica di conservazione).

In gastronomia il Lanzardo o Sgombro occhione è una buona alternativa al Tonno rosso Thunnus thynnus e allo stesso Sgombro Scomber scombrus.

Pagello fragolino o Fragolino Pagellus erythrinus

Il Pagello fragolino o Fragolino (Pagellus erythrinus) è detto fraulino, fragolino o pagèllo in dialetto civitavecchiese.

È una specie selvatica, ma anche oggetto di allevamento, di taglia piccola/media (fino a 60 cm circa), mentre la sua taglia minima di cattura e vendita è di 15 cm. È generalmente commercializzata fresca.

Le principali tecniche di cattura di questa specie sono la rete a strascico, l’amo, il tramaglio e la rete da imbrocco.

Le principali tecniche di cottura sono la frittura, l’arrostitura, la cottura al forno o in tegame, la grigliatura, la cottura al cartoccio. È interessante nella zuppa di pesce di Civitavecchia.

Pesce prete o Lucerna Uranoscopus scaber

Il Pesce prete o Lucerna (Uranoscopus scaber) è detto lucèrna in dialetto civitavecchiese.

È una specie selvatica di taglia media (fino a 40 cm circa). È generalmente commercializzata fresca.

Le principali tecniche di cattura di questa specie sono l’amo, il tramaglio e la rete a strascico.

Le principali tecniche di cottura sono l’arrostitura, la cottura al forno o in tegame, la grigliatura, la marinatura (anche se questa è più una tecnica di conservazione) e il fumetto che è utile per la preparazione della zuppa di pesce di Civitavecchia.

Tordo (verde) Labrus spp.

Il Tordo (verde) (Labrus spp.) è detto verdòne in dialetto civitavecchiese. 

È una specie selvatica di taglia piccola (fino a 21 cm circa). È generalmente commercializzata fresca, frammista ad altre specie, ma è sporadica se non assente dal mercato.

Le principali tecniche di cattura di questa specie sono l’amo, il tramaglio e la nassa.

Le principali tecniche di cottura sono la cottura in umido, l’arrostitura, la cottura al forno o in tegame e il fumetto che è utile per la preparazione della zuppa di pesce di Civitavecchia.

Questo mese ospita anche la ricciola di fondale, sebbene sia una specie ittica quasi minacciata (NT, nella lista rossa IUCN già altre volte citata). Si tratta di una specie tipica di Civitavecchia che spesse volte è confusa con la (diciamo “vera”) Ricciola Seriola dumereli che è una specie completamente diversa.

Ricciola di fondale Centrolophus niger

La Ricciola di fondale (Centrolophus niger) è detta ricciòla o ricciòla di fondale.

È una specie selvatica di taglia media/grande (fino a 150 cm circa). Sul mercato è generalmente di media taglia, commercializzata fresca, ma è rara. Ha la parte superiore del muso schiacciata (Vedi la foto di lato) e a detta di alcuni pescatori il suo muso assomiglia a quello di un topolino da cui origina il nome dialettale curioso di “sórca”. Può essere confusa con il Centrofolo viola Scedophilus ovalis che è una specie molto simile.

La principale tecnica di cattura della Ricciola di fondale è il palangaro fisso.

Le principali tecniche di cottura sono la grigliatura, la cottura al sale o in crosta di sale, la cottura al cartoccio, l’arrostitura e la cottura al forno o in tegame.

I pescatori ottocenteschi del litorale laziale la chiamavano Pesce paolo (ndr.).

GIORGIO CORATI

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