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La Regina delle Rocce

di Marco Rasicci – foto di Umberto Simonelli

Tra le tante prede prestigiose che la traina con il vivo ci consente di catturare la cernia bruna è sicuramente la più maestosa.

Un pesce potente, che può raggiungere taglie importanti e con cui il confronto può essere davvero impegnativo.

Una preda non presente ovunque, schiva e difficile da insidiare ma soprattutto difficile da contrastare specialmente quando raggiunge taglie importanti.

Non a caso la abbiamo definita la “Regina delle rocce” perché la sua esistenza, fin dallo stadio giovanile, si svolge tra i meandri degli scogli, in tane, a volte simili a dedali, nelle cui profondità si rifugia se disturbata.

Una difesa spesso inespugnabile, un arroccamento senza appello.

La sua vita però si svolge anche al difuori della sua tana, in uno spazio di caccia dove soggiorna quasi in una apparente assenza di peso, fluttuante nel vuoto, pronta a sferrare attacchi davvero fulminei alle malcapitate prede che possono passargli a tiro.

Contrariamente a quel che si crede la cernia bruna non è del tutto sedentaria, ma si muove alla ricerca di cibo, spostandosi in un areale di pertinenza dove, oltre al rifugio principale, individua tane di rimessa in caso di pericoli estemporanei.

Insomma una strategia di controllo delle zone di caccia prossimo alla perfezione.

 

Riuscire a portare a pagliolo un gigante del genere è il risultato di una perfetta gestione dello strike

 

Dove trovarla

Questo pesce è legato alla natura del fondo, soprattutto se è molto articolato, la roccia  movimentata, con grandi massi, franate che sprofondano nel blu, dove è facile trovare rifugio.

Ma qualche volta la possiamo trovare a candela su una parete a picco, in prossimità della sua tana o più semplicemente quando è in pattugliamento o in agguato, sfruttando il suo mimetismo, nell’ombra di un salto di roccia o di uno scoglio sul fondo, apparentemente poco interessante.

Come dicevamo, non tutti i fondali ospitano cernie, un po’ perché la pressione di pesca le ha mediamente allontanate, spingendole davvero molto in profondità ed un pò perché ci sono tratti di mare infecondi per questo predatori, al contrario di altri fortemente vocati.

Quindi la ricerca mirata parte fondamentalmente dal territorio e poi dal metodo di pesca.

Le profondità generalmente sono dai 30 metri in giù, ma anche qui le eccezioni non sono rare e catture eccellenti ci sono capiate in pochi metri d’acqua.

La profondità rende complessa la fase dello strike, ma poi il salto di pressione in genere spegne la reazioni del pesce.

In acqua bassa si complica tutto perché la cernia rimarrà ipervitale fino a pochi metri dalla superficie

 

Nella realizzazione dei terminali la qualità non deve avere compromessi …

 

Assetto di pesca

Quando può capitare di incontrare questi pesci, sicuramente l’attrezzatura non va lasciata al caso.

La cernia non è un combattente capace di darci filo da torcere come una ricciola per tutto il recupero, ma è capace di reazioni, dopo lo strike, veramente potenti.

Lo scatto che compie dopo la predazione produce un’accelerazione impensabile, degna di una formula 1 e con una potenza degna invece di un carro armato.

La coda larga e tozza produce una spinta inimmaginabile e in acqua si può avvertire chiaramente la forza d’urto che se ne genera.

Quindi in questo momento le forze che sollecitano la montatura sono enormi, oltre al fatto che bocca e branchie possono recidere il terminale in un attimo.

Serviranno terminali robusti, con preterminali relativamente corti e canne con molta schiena, perché l’azione di contrasto dovrà essere veloce, istantanea e potente.

Quindi l’attenzione alla canna, quando si è in “zona cernie” deve essere massima; un ritardo, una frizione lenta, daranno tutto il tempo al pesce di guadagnare la tana, situazione dalla quale ci si salva una volta su cento.

 

La canna ha un ruolo determinante nel contrastare la fuga potente della cernia verso la tana 

 

Il terminale corto ci garantisce che l’esca nuoti alla quota più prossima a quella del piombo guardiano e permetterà un controllo più immediato della preda dopo lo strike.

La geometria del terminale sarà a doppio amo con doppiatura innescando seppie e calamari, mentre se useremo pesci, la nostra personale esperienza ci ha fatto apprezzare i grandi circle, non più piccoli di 9/0 e 10/0.

Il circle ci risparmierà la doppiatura avendo il pregio di far rimanere il filo fuori dalle fauci, al riparo quindi delle zone taglienti.

Il fluor carbon però sarà d’obbligo, per la sua ottima resistenza all’abrasione.

 

Le esche

Possiamo affermare che nella media un bel boccone fa la differenza, anche se la cernia in apertura è rimasta vittima di un’esca non particolarmente grande, segno che i pesci quando sono in frenesia alimentare non perdonano nulla e nessuno.

 

I cefalopodi sono graditissimi alle cernie

 

Certamente i cefalopodi sono il boccone più gradito, polpo compreso, ed anche morti, a patto di essere veramente freschissimi, fanno egregiamente il loro lavoro.

 

Ma non sono mancati strike davvero importanti anche trainando grossi sugheri, sgombri e tanute.